Funivia, un esposto comasco
«Anomalie già sei anni fa»

L’avvocato Paglia: «Nel 2015 rilevammo problemi a monte. E chiedemmo ai gestori un intervento di manutenzione straordinaria»

Como

Sulla tragedia della funivia del Mottarone - in cui esattamente una settimana fa persero la vita 14 persone, tra cui due bambini - si accavallano ogni giorno novità. Una delle più recenti riguarda un esposto presentato da un avvocato del foro di Como, l’avvocato Ferdinando Paglia, il quale ricostruisce un retroscena che potrebbe avere una sua rilevanza ai fini dell’indagine penale che ha già condotto a tre arresti.

L’avvocato, qui nelle vesti di rappresentante della società milanese Alfar, ha trasmesso in procura un esposto che richiama una lettera con cui nel 2015 l’azienda segnalava la sussistenza di gravi danni strutturali nella stazione a monte, a 1.385 metri di quota, con un rischio concrete di «conseguenze e pericolo per persone e cose».

La lettera fu inviata a Comune e Regione dopo che un Ati - un raggruppamento temporaneo di imprese che comprendeva la stessa Alfar - aveva tentato di partecipare a un bando da tre milioni e mezzo di euro per la ristrutturazione della funivia. «I tecnici - ricorda ora l’avvocato - si accorsero che in realtà quella somma non sarebbe mai bastata, e che probabilmente sarebbero serviti altrettanti soldi per procedere a tutte le modifiche del caso e per rimettere l’impianto in piena sicurezza». Farlo presente ai responsabili della funivia, all’epoca, non servì: «Non c’è da parte nostra alcun interesse a speculare su quello che è accaduto - dice Paglia -, ma solo a fare il nostro dovere civico. Tanto più che nel frattempo tutto potrebbe essere stato riparato».

In effetti le Ferrovie del Mottarone sostengono dal giorno dell’incidente che le strutture erano state collaudate nel 2016 e che nel 2020 la stazione era stata anche rimessa quasi a nuovo. Tra i compiti degli investigatori impegnati in questi giorni nella ricostruzione dell’accaduto (l’indagine non sarà breve, anche perché si parla dei “forchettoni” utilizzati per inibire i freni, ma al momento non c’è ancora una spiegazione per la rottura del cavo trainante) ci sarà anche quello di verificare se in effetti la funivia fosse stata riparata, come ha sostenuto in questi giorni Pasquale Pantano, avvocato della Ferrovie del Mottarone nonché del titolare Gigi Nerini: «Per quanto ci risulta - aveva detto -, tutti gli impianti elettrici e meccanici sono stati rifatti nel 2016 e le stazioni sono state collaudate secondo le disposizioni di legge».

Ieri, intanto, Gabriele Tadini - caposervizio della funivia arrestato insieme a Nerini e al direttore d’esercizio Enrico Perocchio - ha ammesso davanti al Gip di avere fatto altre volte ricorso al sistema dei blocco dei freni, escludendo tuttavia che possa sussistere un collegamento con il guasto alla fune. Tadini, peraltro, è difeso dall’avvocato lecchese Marcello Perillo, già vicepresidente della Camera penale di Como e Lecco.

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