FuoriFuoco tra giornalismo e musica, ma qualcuno chiama la polizia. Lettera aperta alla città: «Cosa può fare un giovane a Como?»

Festival culturale L’arrivo della polizia locale ha interrotto l’evento: le pattuglie sono state chiamate per disturbo della quiete pubblica, ma era tutto in regola

Cosa può fare un giovane a Como? È questa la domanda provocatoria che in una lettera aperta viene posta a Como da FuoriFuoco, progetto di giornalismo portato avanti ormai da tre anni da un gruppo di under 30 con il sostegno di Fondazione Comasca tramite il bando YouthBank.

Ma facciamo un passo indietro: tutto ha inizio con un festival, FuoriFest, che si è tenuto in vari luoghi di Como tra il 10 e il 13 novembre con dibattiti sulle nuove forme di giornalismo, laboratori con esperti del settore e proiezioni di documentari di inchiesta e approfondimento. Un festival culturale che ha coinvolto ben 450 persone, perlopiù giovani. Una sessantina di queste si trovava sabato sera al Terzo Spazio, in via Santo Garovaglio, nel cuore di Como. Ed è proprio lì che, intorno alle dieci, l’evento si è bruscamente interrotto per qualche minuto a causa dell’intervento di due pattuglie della polizia locale, chiamate per disturbo della quiete pubblica.

In effetti, al termine della proiezione del documentario “La via del ritorno”, vincitore del concorso indetto in occasione di FuoriFest nonché finalista del Premio Morrione per il giornalismo under 30, è iniziato - come da programma concordato - un concerto dei Moor, band locale. «Il problema non è l’intervento della polizia - spiega Tommaso Siviero, di FuoriFuoco - quanto il fatto stesso che qualcuno l’abbia chiamata. Noi per la serata abbiamo ingaggiato un’azienda che si è occupata del soundcheck affinché tutto fosse in regola». Infatti, al termine dei controlli, nessuna sanzione è stata comminata.

Qual è il punto allora? «Per noi il Festival è stato un successo: volevamo coinvolgere i giovani della città e ce l’abbiamo fatta, una domanda però sorge spontanea e l’abbiamo posta in una lettera aperta sul nostro sito, sperando che crei un sano dibattito. Viene naturale farsi questa domanda visto che anche un evento culturale, incentrato sul giornalismo, cui hanno preso parte tre vincitori del Premio Morrione, riconosciuto a livello nazionale, crea problemi. Siamo esasperati da una città che risponde sempre in questi termini a qualunque iniziativa giovanile. Non siamo gli unici a cui sono capitate esperienze simili. Siamo stanchi di un discorso cittadino sempre basato sulla retorica del giovane sfaticato che non ha voglia di fare nulla e a cui tutto è dovuto e dall’altra del giovane che sbaglia in ogni cosa che fa. Quindi ora lo chiediamo ancora una volta alla città: cosa può fare un giovane a Como?».

Un interrogativo che colpisce a fondo una città spesso criticata - soprattutto dall’interno e soprattutto dalle nuove generazioni - per l’assenza di iniziative capaci di creare coinvolgimento. Un aspetto di Como che gli stessi giovani di FuoriFuoco hanno approfondito all’interno del loro documentario interamente dedicato al territorio comasco: «Tanti giovani lasciano Como e l’emigrazione culturale e giovanile è un tema che tocca tanto la città quanto in generale il nostro territorio - racconta infatti Siviero - Il fatto è che a Como e in particolare in centro città è diventato sempre più difficile organizzare qualunque cosa che esuli dalla solita offerta cittadina che, come spieghiamo nella lettera, è sempre più legata a esercizi commerciali e quindi molto escludente perché quasi sempre e quasi solo a pagamento. Nel momento in cui provi a organizzare qualcosa di diverso la risposta è quella che abbiamo visto sabato sera».

La lettera indirizzata alla città è stata pubblicata questo pomeriggio sul sito di FuoriFuoco: la potete trovare qui.

© RIPRODUZIONE RISERVATA