Gioia sfrenata tra Lima e Chiclayo: «Qui il Papa è considerato in tutto e per tutto peruviano»

Le voci Valentina Locatelli è coordinatrice dei volontari di Aspem, ong comasca attiva nel sud del mondo, nella periferia di Lima e Daniele Mauri, della Comunità del Pellegrino di Cantù, raccontano i giorni di festa in Perù

Como

Dalle periferie di Lima al nord del Paese, dove il suo operato era più attivo, i peruviani e i missionari partiti dai nostri territori non hanno dubbi: «Questo è un papa peruviano». Lo racconta Valentina Locatelli, coordinatrice per Aspem (Ong molto attiva nel Paese e fondata a Cantù nel 1979) dei volontari in servizio civile in Perù, dove vive dal 2019. «C’è grande orgoglio e grandissima festa, sui social girano ovunque le sue fotografie e in particolare quella della sua carta d’identità peruviana. Lo rivendicano come papa sudamericano, ma soprattutto peruviano», racconta Locatelli.

Le fragilità di questa terra

Un’allegria dettata, secondo Daniele Mauri della Comunitá Santo Spirito, Huaycán, periferia est di Lima, (Compagni di cammino della Comunitá del Pellegrino di Cantú), dalle fragilità che papa Leone XIV ha toccato con mano: «Papa Francesco lo aveva mandato qui dopo decadi di governo dell’Opus dei, con l’incarico di costruire una Chiesa locale più partecipata e vicina alle persone». Vicinanza che tra giovedì e ieri tantissimi hanno ricordato, tra le persone con cui sia Locatelli che Mauri collaborano: si condividono gli episodi di chi l’ha conosciuto e lo ricorda ballare e cantare con la sua comunità, durante le feste, come chi invece l’ha visto all’opera nel nord del Perù, dopo le emergenze ambientali che hanno colpito i territori della sua diocesi.

«Qui contro di lui ci sono state anche delle contro campagne, da parte di chi non è in linea con il suo pensiero - racconta Locatelli, riferendosi in particolare ai casi di abuso e violenza sessuale cui anche qui in Italia è già stato legato il suo nome - Come Aspem, noi siamo molto attenti a questi temi, lavoriamo con le vittime di violenza, ma confrontandoci al nostro interno e anche con giornalisti esperti abbiamo potuto ricostruire che queste accuse non sono fondate». Un punto di vista condiviso da Mauri, che parla anzi di un ruolo chiave ricoperto da Prevost nelle indagini e nella punizione degli abusi della Chiesa: «Ha sempre sostenuto le vittime e denunciato gli abusi sessuali, nonostante le campagne dell’Opus Dei per screditarlo».

L’esperienza nelle Ande

Al centro del suo operato, Mauri e Locatelli citano soprattutto i diritti umani e ambientali. «Prima di diventare vescovo di Chiclayo, come parroco è stato nelle Ande, dove si è molto occupato di lotta alla deforestazione e per i diritti delle popolazioni andine», spiega Mauri, evocando quelle foto che ormai stanno facendo il giro del mondo e che lo raffigurano in sella a un cavallo. «Di lui si dice sia un uomo molto umile, era concentrato sul suo lavoro a Chiclayo, ma chi lo ha incontrato o anche solo lo ha avuto come cliente a pranzo o a cena nel proprio ristorante, oggi lo dice a tutti - racconta Locatelli -. La speranza di tutti qui è che prosegua sulla linea tracciata da papa Francesco, che sia riformista e attento agli ultimi del mondo».

Aspetti su cui i peruviani che lo hanno conosciuto prima di giovedì però non hanno dubbi: «Me lo descrivono più riservato di Francesco - conclude Mauri - più diplomatico, ma molto fermo nelle cose che vuole dire. Il mondo lo sta conoscendo adesso, ma qui in Perù in tanti gli vogliono bene da tempo».

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