
Cronaca / Como città
Domenica 18 Maggio 2025
Gratteri: «Molti imprenditori abbracciano le mafie»
L’intervista Il procuratore capo di Napoli: «Le riforme della giustizia stanno rendendo più complicate le indagini»
Como
Nicola Gratteri, procuratore capo di Napoli, è uno di quei magistrati che ha legato il proprio nome alla lotta alla criminalità organizzata: ’ndrangheta, prima, camorra ora. Ma il suo primo pensiero, oggi, non va tanto o soltanto alle mafie, quanto piuttosto al mondo della politica e a tutte quelle riforme della giustizia che, dice, rischiano di rendere impossibili le indagini e rischiano di essere un danno soprattutto per le vittime.
Procuratore, stiamo vivendo una stagione di riforme: prima la Cartabia, oggi Nordio. Qual è lo stato di salute della giustizia con queste nuove norme?
Con le riforme fatte la giustizia è stata rallentata. Hanno introdotto nuovi istituti che hanno rallentato la macchina giustizia, allungato i tempi, senza in alcun modo preoccuparsi della tutela delle parti offese. E così il pericolo prescrizione, e quindi impunità, è dietro alla porte. Ed è tutta colpa di questi rallentamenti causati dalle ultime riforme normative.
Rischio prescrizione, ma non solo. Ad esempio avete criticato molto la riforma che prevede, non per i reati di mafia e non per il pericolo di fuga, che prima di arrestare qualcuno il giudice lo debba convocare. Non è un rischio?
Certo che lo è. Oggi bisogna avvisare una persona per la quale chiediamo l’arresto che noi vogliamo arrestarla. Bisogna concedere agli indagati cinque giorni liberi prima dell’interrogatorio per decidere se arrestarlo o meno. Questo è un problema, perché la persona che si vuole arrestare legge la richiesta di custodia cautelare e magari legge che ad accusarlo di spaccio, faccio un esempio, è la mamma del tossicodipendente e magari la poverina vive nello stesso palazzo. Cosa può succedere secondo voi? Come minimo che lei sarà terrorizzata e quindi non denuncerà mai più.
Nel mirino delle riforme è finita anche la cronaca giudiziaria.
Oggi è impossibile fare cronaca. Il giornalista non può riportare pezzi delle ordinanze. L’informazione è monca. Io penso invece che i cittadini abbiano diritto di sapere cosa accade sul loro territorio, devono sapere chi sia il vicino di casa o l’avventore al bar che gli siede accanto.
Capitolo criminalità organizzata. È giusto continuare a giudicare il Nord non come un territorio in cui si combatte in prima linea contro le mafie?
Bisogna ricordare che al nord le mafie sono presenti dagli anni Settanta. La Lombardia è la regione più ricca d’Italia e le mafie sono presenti dove c’è da gestire denaro e potere. Sono qui perché è più facile mimetizzare la ricchezza, ma anche perché è più facile fare business e affari.
Quali i settori più a rischio?
Il mondo della ristorazione, degli intrattenimenti, della grande distribuzione. Le mafie sono qui per vendere cocaina, principalmente, ma con i proventi acquistano tutto ciò che è in vendita. Ma non parliamo di infiltrazione: qui le mafie si sono radicate, e nel momento in cui si radicano, non vengono solo per vendere o acquistare, ma fanno rete e relazione. E questi rapporti di relazione portano anche a votare e far votare e fa sì che i clan gestiscano pure pacchetti di voti.
Ma non è che sono qui anche perché hanno trovato un humus fertile?
Certamente: c’è un abbraccio con l’imprenditoria del Nord. Molti imprenditori sono ingordi, non si accontentano solo di guadagnare ma vogliono sempre di più. Faccio un esempio: lo smaltimento dei rifiuti. Quando sono state riversate tonnellate e tonnellate di veleni nella provincia di Caserta, gran parte di questi veleni proveniva da qui, dalla Lombardia. C’è una corresponsabilità della popolazione del Nord che si è girata dall’altra parte e di imprenditori ingordi che hanno accettato l’abbraccio con le mafie.
Che armi abbiamo contro la criminalità organizzata?
Ci sono due ricette, una di breve periodo e l’altra di lungo periodo. Quella di breve periodo: nel rispetto della Costituzione ci vorrebbero tali e tante di quelle riforme che facciano diventare non conveniente delinquere. Nel lungo periodo, invece, c’è bisogno di istruzione, c’è bisogno di socialità, ma soprattutto c’è bisogno di educatori. Bisogna tenere impegnati i ragazzi a scuola, anche nel pomeriggio. Bisogna fare in modo che le famiglie emarginate che vivono nelle periferie abbiano più assistenza sul piano sociale, che non vuol dire aiuti economici ma educatori, esempi, formazione.
Parlava di norme perché non sia più conveniente delinquere. Crede che i nostri legislatori stiano operando in questo senso?
Assolutamente no. Si stanno creando più reati, ma poi si lasciano sanzioni che non provocano alcun risultato e in carcere non ci va nessuno. Ma ciò che più mi preoccupa è che le riforme che si stanno facendo rendono più difficile l’acquisizione della prova e, quindi, rendono difficili le indagini. Poi ci sarebbe anche da parlare del sistema carcerario...
Parliamone...
Non funziona, perché ancora oggi nelle carceri comandano i capi mafia.
Una rappresentazione preoccupante, la sua. Niente ottimismo?
Cerco di essere un realista con un filo di ottimismo. Penso che noi possiamo cambiare le cose. Non ci dobbiamo rassegnare, dobbiamo continuare in modo democratico a protestare e a contestare senza assuefarsi alla violenza, al malaffare, ai faccendieri e ai furbi.
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