
Cronaca / Como città
Sabato 17 Maggio 2025
Gruppi civici sullo stadio: Como si allea con altre città
Comitati Da Milano a Roma, da Parma a Empoli gli stessi problemi per i comitati fondati dai cittadini: «Operazioni immobiliari che non rispettano l’identità e i diritti dei quartieri»
«Sullo stadio di Como, come qui a San Siro, c’è lo stesso problema: viene fatta passare come sportiva quella che è un’operazione immobiliare con un modello di business completamente diverso dal nostro modo popolare di vivere il calcio». Le parole di Luigi Corbani presidente del comitato “Sì Meazza”, che vuole mantenere intatto l’attuale stadio di San Siro senza procedere nel progetto sposato dal Comune per la costruzione di un nuovo stadio, echeggiano quelle pronunciate a Parma, Empoli e Roma da altrettanti comitati civici.
Operazioni simili
I gruppi di cittadini sorti in diverse parti d’Italia per dare voce ai propri interessi ritenuti lesi dai progetti di impianti sportivi nati a seguito della legge stadi del 2021 si sono riuniti in una rete nazionale informale, entro la quale circolano già da qualche mese idee e proposte. E di cui ora fa parte anche Como.
«In questo tipo di operazioni il calcio è secondario - dice Alessandro Spadoni del comitato “Stadio a Pietralata no grazie”, che si oppone insieme ai residenti del quartiere interessato alla costruzione di un nuovo stadio per la Roma sull’area boschiva di Pietralata e che pochi giorni fa è stato protagonista di un sit in di fronte all’area dove dovrebbe sorgere il nuovo impianto che ha portato a uno scontro con la polizia - Ciò che conta è il business, ma è un business che non tiene conto dell’identità del luogo in cui viene costruito lo stadio e degli interessi legittimi di chi lì vive». La questione identitaria è una delle più frequentemente sollevate dai comitati civici sugli stadi, insieme alle preoccupazioni sull’impatto paesaggistico e ambientale. E sono questi anche i punti che solleva Elisabetta Patelli, comasca, portavoce provinciale dei Verdi, membro della segreteria nazionale di Europa Verde e inserita nella rete nazionale dei comitati come politica e ambientalista: «L’operazione dei fratelli Hartono va ben oltre il tifo per la squadra del cuore, il dibattito su una concezione moderna di stadio o lo sterile discussione sul mantenere o meno una facciata razionalista - commenta-. Ecco perché prima ancora di stendere tappeti rossi, si inizi ad ascoltare da subito i cittadini». La richiesta dei Verdi è dunque che venga dato spazio alle voci della città e ai gruppi civici che stanno nascendo intorno al futuro del Sinigaglia «per una soluzione più sostenibile, più bilanciata e più centrata sul principio che tutela dei diritti dei cittadini sia il valore che la politica».
La difficoltà a partecipare
Per Patelli a Como «attorno al calcio si sta sviluppando un’intera industria» che coinvolge anche elementi propri del territorio - la birra locale, per esempio, ma anche lo slogan “Semm Cumasch” - che «rischiano di verniciare di ipocrisia un business tutto made in Indonesia che cannibalizza l’identità locale, a meno che si favorisca un maggiore coinvolgimento dei cittadini». Coinvolgimento che in alcuni casi, come quello di Empoli, dove il comitato “Stadio Sì ma non così” che si oppone alla ristrutturazione dello stadio, considerata troppo impattante e sbilanciata sugli spazi commerciali, non è stato ammesso alla conferenza dei servizi. «Il riferimento esplicito è a Disneyland: parco a tema, centri commerciali, albergo, palestre, bar, ristoranti e negozi, centri medici, magliette, gadgets e cotillon, non proprio per tutte le tasche, ma soprattutto per quelle che possono permettersi i capi della boutique in piazza Duomo. Se il piano degli Hartono funzionerà, l’impero dovrebbe valere un miliardo di dollari in pochi anni e l’investimento totale di circa 170 milioni verrà remunerato rapidamente».
A Parma il comitato esiste dal 2021 e i lavori per lo stadio ancora non sono iniziati
Quest’ultimo è un destino comune a tutti i comitati citati. Un destino ben noto ad Anna Kauber, presidente del comitato nato nel 2021 intorno al progetto per il nuovo stadio di Parma: «Non c’è mai stato un vero processo partecipativo che ci permettesse di dire la nostra come cittadini... nel frattempo sono passati due anni». Durante i quali il comitato ha fatto un primo ricorso al Tar (respinto) e la conferenza dei servizi, tra passi indietro e titubanze, ancora non si è chiusa. «Ma noi non ci arrendiamo - spiega - Conosciamo a menadito la normativa, che abbiamo letto da cima a fondo, e ci mettiamo a disposizione degli altri comitati». A Parma i cittadini hanno raccolto 8mila firme per dire «no» a un progetto di stadio che giudicano «faraonico» perché «stravolge le funzioni, l’architettura e l’identità urbanistica di un intero quartiere, oltre mettere in crisi un nodo viabilistico già di per sé molto trafficato». Un quadro non dissimile, insomma, da quello rappresentato nelle ultime settimane dai cittadini comaschi che hanno deciso di costituirsi in comitato per dire «no» al progetto presentato da Populous, per conto del Como 1907. E in effetti un’altra somiglianza che si riscontra tra le posizioni dei comitati presi in esame è un approccio possibilista: i cittadini non si oppongono senza se e senza ma a un nuovo impianto sportivo, dicono piuttosto «sì a un nuovo stadio, ma non così».
Anche a Parma, come a Como, a preoccupare sono anche le numerose funzioni commerciali previste all’interno dell’impianto. «A 200 metri dallo stadio che andrebbe distrutto e ricostruito (quello di Parma è uno stadio degli anni ’90, ndr) c’è un piccolo centro commerciale con parcheggio a raso che soddisfa già sufficientemente le esigenze dell’area», continua Kruber.
L’avvocato che segue la rete nazionale di comitati
L’idea della rete nazionale di comitati civici sul tema stadi è stata sua. Per Veronica Dini, avvocato che sta seguendo anche il comitato cittadino nato intorno alla ristrutturazione del Sinigaglia, i problemi principali che tengono insieme le situazioni di Como, Milano, Parma, Empoli e Roma sono l’utilizzo della legge stadi del 2021 e la difficoltà nel reperire informazioni. Sulla prima il coordinamento tra comitati civici di città diverse è fondamentale:
«La legge è complessa e di fatto ancora in Italia non esiste uno stadio costruito secondo questa normativa, i casi di cui parliamo sono tutti in fase di avvio - spiega Dini - Ma il filo rosso tra questi interventi è innegabile: sono operazioni con un impatto ambientale significativo e un iter molto poco partecipato e poca disponibilità dei Comuni a dare le carte ai cittadini». Una situazione, quella della difficoltà a partecipare, che Dini ha incontrato anche a Como dove all’accesso agli atti fatto da Mirella Quattrone e Andrea Prayer, oggi portavoce del comitato comasco, è stata data risposta negativa. «Si è quindi deciso di fare un ricorso gerarchico, interno cioè all’amministrazione, contro questo diniego. È un ricorso secco, senza udienza, che se non verrà accolto potrebbe portare a un ricorso al Tar». Un passaggio questo che ancora non è chiaro se verrà intrapreso dai cittadini comaschi, ma che non è l’unica possibilità a disposizione di chi si voglia opporre a un progetto infrastrutturale che giudica incoerente con il tessuto urbano del proprio quartiere o della propria città. A Milano, il comitato «Sì Meazza» ha fatto un esposto alla Procura per danno erariale, per quanto riguarda la vendita dell’area di San Siro a 441 euro al metro quadro, oltre a un ricorso al Tar su cui si attende ancora però un pronunciamento. «A Milano tra l’altro abbiamo dovuto diffidare il Comune che non voleva fare il dibattito pubblico (un processo di informazione, partecipazione e confronto pubblico su opere di interesse nazionale, che si svolge nella fase iniziale di progettazione, quando le alternative sono ancora aperte, nato in Francia più di vent’anni fa ma oggi esistente anche in Italia dove è obbligatorio grazie all’art. 22 del nuovo codice dei Contratti pubblici, ndr)», spiega Dini. L’avvocato aggiunge però che in alcune città il dibattito pubblico non è stato fatto o non è stato fatto secondo le modalità corrette. «L’esito di questa opposizione politica alla partecipazione pubblica è che nessuno sa nulla, a partire spesso dagli stessi consiglieri comunali, figuriamoci i cittadini che si trovano a scalare da soli una montagna».
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