Il delitto di Yuri, oggi l’udienza in Tribunale

Omicidio in Darsena Davanti al gup l’imputato accusato dell’omicidio del cameriere comasco di 23 anni. Il movente resta un mistero

La cosa più evidente, in un dramma totale come solo la morte di un ragazzo tanto giovane può essere, è che oggi a Milano andrà in scena l’udienza preliminare di un processo per omicidio in cui tuttavia il movente non è ancora chiaro. Sul tavolo c’è al massimo qualche giustificazione avanzata dall’imputato, Cubaa Bilel, tunisino di 29 anni, smentita dalle indagini della squadra Mobile di Milano, ma la certezza sul perché lo straniero (e irregolare) abbia ucciso in Darsena il cameriere comasco Yuri Urizio (di 23 anni) ancora non c’è.

Senza aggravanti

Eppure le parti si troveranno di fronte per discutere di un omicidio brutale, per strangolamento, in cui tuttavia non vengono contestate aggravanti. Una posizione non gradita dalla difesa della vittima, che tramite una memoria firmata dall’avvocato Fabio Gualdi – che oggi si costituirà parte civile rappresentando la madre di Yuri – ha chiesto quantomeno l’aggravante dei futili motivi.

L’aggressione avvenne a Milano il 13 settembre di un anno fa. Il ragazzo comasco, residente in via Mentana ma che nel capoluogo meneghino lavorava, aveva lottato per due giorni in un letto d’ospedale del Policlinico prima di arrendersi alle gravi ferite riportate: era il 15 settembre 2023 quando i medici comunicarono il decesso. Bilel è detenuto in carcere praticamente dalla notte stessa del fatto. La procura di Milano lo accusa di aver aggredito il cameriere comasco «a mani nude» prima «percuotendolo» e poi «stringendogli il collo per un tempo prolungato fino a determinarne il soffocamento».

Un omicidio barbaro, agghiacciante, per cui però – come detto – non è chiaro il movente, non avendo il tunisino saputo spiegarlo. Aveva parlato, infatti, di presunte molestie da parte di Yuri ad una ragazza ucraina che vendeva cioccolata in Darsena. Ma era stata la stessa ragazza, sentita dalla polizia, a smentire: «Il ragazzo non è mai stato aggressivo, non mi ha mai messo le mani addosso... non ha fatto nessun gesto aggressivo o volgare». Posizione ben diversa da quanto detto da Bilal, che nel verbale dell’udienza di convalida dell’arresto aveva riferito che «avrebbe dovuto ricevere un encomio per aver difeso una donna».

Le parole della donna

Donna che però gli aveva risposto indirettamente, dicendo di «non aver chiesto l’aiuto di nessuno», proprio perché non si sentiva affatto in pericolo e con Yuri stava solo parlando. Le indagini tra l’altro avevano permesso di ricostruire che la sera stessa il tunisino aveva avuto un diverbio anche in un altro bar, e che già due ore prima dei fatti – avvenuti intorno alle 4 della mattina – si era incrociato con Yuri: «Forse gli avrò chiesto una sigaretta, incontro tante persone», aveva detto l’arrestato.

Il fatto di sangue era avvenuto a Milano quando ancora il sole non era sorto. Il giovane comasco, terminato il lavoro, era andato in Darsena con alcuni amici. Le telecamere l’avevano ripreso poco prima delle 4 di mattina con una donna che poi era stata identificata nella già citata ragazza ucraina. Non c’era animosità tra i due. Poi i video ripresero un uomo che si avvicinava, il tunisino poi arrestato. A inquadrare tutto era stata la telecamera comunale che ruotava su se stessa. Quando – circa un minuto dopo – l’occhio elettronico era tornato sul punto critico, la donna non c’era già più e i due uomini avevano iniziato a litigare. Yuri venne soccorso a terra, privo di sensi, soffocato con le mani. Trasportato d’urgenza al Policlinico di Milano il cameriere comasco era morto dopo due giorni d’agonia.

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