Il record di Como
La città dove tutto
è (im)possibile

Andare al cinema o in piscina? Avere i lampioni? Sono cose normali ovunque, ma nel nostro capoluogo no. Fotografia di un declino che sembra ormai inarrestabile

«Dai, smettila di scherzare». Non resta che arrossire di fronte al “forestiero” - sia un amico o un turista conosciuto per caso, cambia poco - che non ti prende sul serio quando gli racconti tutto quello che a Como, anno 2020, non si può fare.

Quel che è considerato normale, ovvio, persino banale in qualsiasi altra città, qui è una chimera. E dopo aver stilato un elenco non c’è da stare allegri, anche perché ci si rende conto che la lista continua ad allungarsi. Attenzione, qui non parliamo di divieti (non mancano e se n’è già parlato a lungo, basti pensare al recente regolamento di polizia urbana voluto dalla giunta) bensì di attività o servizi che la città non è (più) in grado di offrire, complici l’assenza di progetti, i ritardi della pubblica amministrazione, l’inerzia, l’incapacità, una buona dose di menefreghismo all’insegna del «cosa ci vuoi fare, ci vuole tempo» o del sempreverde «ci sono altre priorità». E così accade che all’amico o al turista il povero cittadino comasco deve spiegare che no, al cinema in centro città non ci si può andare, perché le principali sale hanno chiuso i battenti e un gioiello di cine-teatro come il Politeama («quello del film di Virzì?» «Sì, esatto») cade a pezzi senza che si sia ancora trovato uno straccio di soluzione. «E le mostre di Villa Olmo?». Eh, già, te le ricordi le mostre di Villa Olmo? Conserva il ricordo, perché sai, i lavori nella villa sono in ritardo e di esposizioni proprio non se ne parla. Il Tempio Voltiano chiuderà giusto oggi per tre mesi, dopo sei di anni di attesa partono i lavori per un distacco di intonaco. Mentre se per caso ti venisse in mente di andare con un gruppo di amici o una scolaresca al museo Giovio sappi che ti risponderanno picche, mancano le condizioni di sicurezza. A proposito di museo Giovio, non è possibile nemmeno vedere le monete d’oro trovate durante gli scavi in via Diaz e chissà quanto bisognerà attendere ancora. «Beh, magari un concerto...». Niente da fare, artisti di fama al Sinigaglia non se ne vedono da un bel po’ e persino proporre una rassegna di eventi estivi degna di questo nome è diventato un problema insormontabile a Como. «Provocazione: me lo organizzo io un bel evento culturale in città». Mi spiace, ma non si può: le principali location del Comune sono indisponibili causa assenza di certificato antincendio.

«Andrà meglio al capitolo sport», azzarda l’interlocutore. E qui si arrossisce ancora. Non si può far entrare più di 99 persone a una partita di basket, un palazzetto non c’è più, lo stadio è preda del degrado (nulla è successo nonostante la sacrosanta mobilitazione dei tifosi) e la piscina olimpionica di Muggiò da luglio è inutilizzabile per un clamoroso pasticcio combinato dal Comune, senza certezze sui tempi di riapertura.

«Ci arrendiamo e andiamo a Milano?». Verrebbe da replicare «auguri!», vista la qualità del servizio ferroviario (ritardi e cancellazioni non si contano più) e i tempi di percorrenza rimasti quelli di cent’anni fa. Raggiungere Milano in macchina può essere più agevole, a patto che non ci si imbatta - come puntualmente accaduto - nel mix di potature a Camerlata e lavori sulla A9. Evitarlo, evidentemente, a Como non si può. Così come non si può riaprire in poche settimane una strada fondamentale (via Per San Fermo) dopo una frana tutt’altro che apocalittica. Avere a disposizione una tangenziale completa? Giammai, qui sono due chilometri, e a pedaggio, sia chiaro.

Spostarsi a Brunate in funicolare è un’ottima idea, ma attenzione: non si pensi di poterlo fare senza rischiare il collasso, d’estate, perché le carrozze hanno qualche problema, diciamo.

L’elenco di quello che non si può fare prosegue. Niente campus universitario. Niente forno crematorio (nemmeno il rispetto dei morti, e qui ci tacciamo). Nella città di Volta non si può disporre di un’illuminazione pubblica funzionante, forse è chiedere troppo, teniamoci intere zone della città al buio. Se vai al Sant’Anna a trovare una persona cara non puoi parcheggiare agevolmente perché i posti nell’autosilo sono stretti e cari (a meno che tu non risieda a San Fermo), se lasci l’auto in altre aree di sosta del centro non puoi pagare con la carta di credito. E se vuoi far scorrazzare il tuo cane non troverai un’area attrezzata in modo serio.

Il turista-amico, esausto, alza bandiera bianca. «Ok, passeggiamo sul lungolago con un gelato e va bene così. Almeno quello si potrà fare».

«Ehm, sì, più o meno, cioè sai, 12 anni fa è partito un cantiere e...».

© RIPRODUZIONE RISERVATA