Il vescovo: «È l’ora della responsabilità
Pensiamo tutti al bene comune»

L’intervista a Oscar Cantoni: «Dio piange quando vede gli episodi di egoismo che si sviluppano anche in queste ore. Ammirazione per soccorritori, forze dell’ordine e autorità. Sono vicino in particolare agli anziani e ai carcerati»

Eccellenza, oggi più che mai è necessario che le persone dimostrino senso di responsabilità. Vuole rivolgere un appello, anche alla luce delle ultime disposizioni?

Stiamo vivendo un momento particolare, in una situazione a cui non eravamo preparati. All’interno di questa esperienza è indispensabile arrivare a comprendere che nessun uomo è un’isola, ma un essere di comunione, dove tutti sono parte di un medesimo corpo, anche se ciascuno è diverso (e tuttavia complementare!). Questa certezza ci offre la possibilità di “un solo sentire”, dal momento che ognuno è responsabile del bene degli altri, dove a nessuno è concesso affermare: “questo non è mio compito”, “ci pensino altri!”. Nessuno si può sottrarre dalle proprie responsabilità, perché è compito di tutti prenderci cura gli uni degli altri e mai ci possiamo esonerare dal vivere gli uni senza gli altri, o addirittura gli uni contro gli altri! Molto spesso, tuttavia, in casi come questi, ci limitiamo a lasciar uscire il nostro individualismo, limitandoci a pensare esclusivamente a noi stessi o al nostro tornaconto. Questa è l’ora della responsabilità, che nessuno può eludere.

Vengono chiesti a tutti alcuni sacrifici, a tutela della salute altrui, ma potremmo dire del bene comune. Non è questo in fondo il senso profondo dell’essere cristiani?

Il bene comune va salvaguardato, difeso e promosso da tutti, al di là dell’essere o meno cristiani, anche se richiede impegno e fatica. Il bene comune fa parte della nostra umanità, dal momento che siamo persone e non solo individui, coinvolti quindi in una comunione relazionale. Noi siamo parte di una medesima storia e di un comune destino, e l’uomo, come singolo e come comunità, ha la grande responsabilità di sentirsi all’interno di un disegno, che deve svilupparsi sempre come un progetto d’amore per il bene di tutti. Per i cristiani questa tensione al bene comune è regola fondante la vita di ciascuno, dal momento che ogni uomo è riconosciuto, chiunque sia, “un fratello per il quale Cristo è morto”, come ci ricorda san Paolo, quindi una persona con un valore e una dignità immensa, da amare e da accogliere.

Molti giovani sembrano sottovalutare l’emergenza coronavirus, si sentono immortali, non comprendono che dai loro comportamenti può dipendere la vita di altre persone: quale messaggio vuole rivolgere ai giovani?

Mi ha alquanto stupito la notizia che alcuni giovani abbiano sottovalutato le direttive delle autorità e se ne siano presi gioco. Tuttavia, preferisco ricordare come altri (e spero siano numerosi!), approfittando di maggior tempo libero, si mettono a disposizione per soccorrere le persone anziane, nelle loro comunità parrocchiali, per esempio, portando loro la spesa quotidiana. Altri si organizzano per vivere rapporti più sereni in famiglia, con i propri fratelli, genitori e nonni, o si impegnano nel rinvigorire affetti e relazioni che la vita quotidiana, di solito, rende meno intensi. In questo modo aiutano a superare il virus della paura, della sfiducia, della rassegnazione, della solitudine e dell’abbandono. Alcuni ragazzi comprendono come nella vita sia importante puntare sull’essenziale, sulle poche realtà veramente preziose e significative. Mi auguro che i nostri giovani siano aiutati a capire più in profondità l’insegnamento che può derivare da questa situazione di emergenza. La fede ci può aiutare a interpretare con saggezza la nostra realtà, alla luce del pensiero di Cristo. Disinvolti e liberi, ci crediamo onnipotenti, tali da crederci i veri padroni del mondo, quasi autorizzati a distogliere lo sguardo da Dio, che è, e rimane, sorgente della vita in pienezza. Poi, all’improvviso, basta un virus quale quello che si è presentato alle porte (senza chiederci il permesso!), per sentirci all’improvviso inconsistenti, privi di senso e ci lasciamo abbattere facilmente, disposti persino a rinunciare alle buone relazioni, che sono, invece, la nostra vera ricchezza, dal momento che l’uomo non è fatto per vivere separato dagli altri, ma per la comunione, essendo l’uomo immagine della Trinità.

Le persone vengono invitate a restare in casa e a limitare i contatti sociali. In che modo va vissuto questo tempo e come può diventare fruttuoso?

Il coronavirus è un grave danno per tutti, tuttavia è cosa saggia saper valorizzare questo tempo, ricavandone anche un bene e imparare a cogliere le opportunità che ne derivano. Quali? Per esempio, per un padre di famiglia, rimanere più a lungo con i figli, condividendo con semplicità i giochi, lo studio, il dialogo. Per un ragazzo, mantenere i contatti con i nonni, attraverso una telefonata, cogliendo la loro saggezza ed evitando che si sentano abbandonati. Per tutti, è un momento opportuno per imparare a pregare insieme, in famiglia, Chiesa domestica, con molta semplicità, perché una famiglia che prega è una famiglia unita. Perché non trovare il tempo per pregare con il rosario o leggere un brano della Parola di Dio, o celebrare la “via Crucis?”

C’è il rischio di cedere allo sconforto, alla solitudine e al pessimismo, vista la situazione. Come possiamo mantenere la fiducia?

Dobbiamo fare di tutto per aiutarci a superare i momenti di sfiducia e di pessimismo. Chi ha il dono della fede, può aiutare gli altri a sentirsi sollevati perché, anche in questo momento, il Signore non ci abbandona, conduce i suoi anche attraverso le fatiche del vivere e le sofferenze che non ci vengono risparmiate. Dio non è un tappabuchi che interviene con soluzioni miracolistiche! Assieme alla consapevolezza che Dio è con noi, cresce anche la fiducia e il rispetto verso tanti nostri fratelli, che si stanno prodigando generosamente per la salute di tutti e non risparmiano energie e tempo, passione ed impegno veramente notevoli. A Dio chiediamo ciò che non sappiamo procurarci da soli: il soffio della vita, il perdono, la pace interiore, la salvezza.

Perdoni la domanda diretta, ma come si può rispondere a chi si chiede perché sta accadendo tutto questo e perché Dio lo consente?

Mi viene offerta una bella occasione per poter affermare, con tutta sicurezza, che Dio ci sta amando anche in questo tempo, ci sta parlando dentro i fatti che succedono, perché riusciamo finalmente a capire nel profondo come utilizzare bene la nostra vita senza spenderla in tante dissipazioni o momenti inutili a noi stessi e agli altri. Dio ci vuol far capire che Egli è con noi dentro le nostre angosce, piange con noi, ma vuole anche indirizzarci ad un bene più grande, ad una generoso impegno di solidarietà verso tutti, per non curvarci narcisisticamente su di noi, senza badare a chi ci è intorno, abbandonandoli a loro stessi, come se fossero degli estranei. È Dio stesso a volere che ci sentiamo tutti corresponsabili del bene che facciamo, ma anche del male che a volte commettiamo, a danno di tutto il corpo, che è l’umanità intera. Dio piange su di noi quando vede gli episodi di egoismo, che anche in queste ore si sviluppano ad opera di chi vuol sfruttare la situazione per arricchire se stesso. Dio utilizza questo tempo per invitarci a tornare a Lui e a comprendere la lezione, a confidare in Lui, che mette la sua potenza a servizio dell’amore, come ho scritto nella preghiera, che poi ho letto domenica scorsa, davanti al simulacro del Crocifisso a Como. Ecco perché è importante leggere questi tempi con gli occhi della fede, ricuperare la certezza della speranza, la gioia della carità.

Non si possono celebrare Messe in presenza di popolo: come devono comportarsi i fedeli?

L’impossibilità di celebrare nelle nostre chiese l’Eucaristia feriale e domenicale ci addolora molto. Le chiese tuttavia continuano a rimanere aperte, per l’adorazione privata della Eucaristia e per le confessioni, accompagnando così il cammino spirituale delle persone mediante l’ascolto, la preghiera e il sacramento della riconciliazione. I nostri sacerdoti celebrano quotidianamente, in privato, l’ Eucaristia, alla quale tutti i fedeli possono unirsi, anche se solo spiritualmente. Come ho riferito nell’omelia della Messa di domenica scorsa, questo tempo è una occasione propizia per aiutarci a ricuperare il vero senso della domenica e il vero valore della Messa in particolare, e domandarci con schiettezza quale incisività o meno comporta la Messa nella nostra vita. Non dimentichiamo che l’Eucaristia continua ad essere il momento centrale e fondante di tutta la Comunità cristiana. Questo è il tempo per ritrovare il gusto della preghiera, metterci in ginocchio e intercedere per il mondo

State studiando nuove iniziative per consentire alle persone di seguire da casa le Messe celebrate nelle chiese comasche?

È consolante per me poter riferire come molte nostre parrocchie, in questi giorni, si stanno organizzando, con molta creatività, per far giungere nelle case di tutti coloro che ne vogliono usufruire, attraverso i mezzi di comunicazione, le registrazioni in diretta dalle loro chiese, o inviano via web suggerimenti per la catechesi ai ragazzi o sussidi per la preghiera in famiglia o per la preghiera personale. È un bel segno, perché conferma la volontà della Chiesa di farsi presente alla gente, che ha particolarmente bisogno in questo momento di sentirsi amata, consolata e non abbandonata. Le persone possono trovare nei sacerdoti dei fratelli e dei padri che li aiutano a dare significato ai grandi interrogativi che in questi giorni affiorano dal cuore di molti.

Cosa vuole dire alle persone contagiate e ai loro familiari?

Sono particolarmente vicino a quanti, in questo momento, soffrono perché infettati o perché preoccupati della salute dei loro cari. Penso anche alle persone più esposte al virus, quali gli anziani, e alle persone sole. Mi auguro che la solidarietà dei credenti li possa confortare con una vicinanza concreta e quotidiana. Raggiungo affettuosamente con la mia preghiera quanti sono nel dolore, invoco il Dio della vita e della gioia perché doni a questi miei fratelli e sorelle serenità e forza per continuare il cammino, un supplemento di fiducia nel Signore, che non ci lascia soli nemmeno in questo tempo di fatica e di prova. Vorrei inviare il mio saluto e il ricordo anche agli ospiti della nostra casa circondariale del Bassone, che vivono con molta preoccupazione e senza legami con l’esterno, questo difficile e travagliato momento

E ai tanti sanitari in prima linea in questo periodo difficilissimo?

Sono fortemente ammirato per quanti, in questo periodo di emergenza, si dedicano senza risparmio, con una generosità senza pari, al bene degli altri, alleviando le loro sofferenze. Penso a tutto il personale medico e paramedico dei nostri ospedali, agli scienziati, ai membri della Protezione civile, alle Forze dell’ordine, alle Autorità civili, a tutti coloro, insomma, che espongono loro stessi al rischio della vita!

Sono state vietate le cerimonie funebri, cosa può dire a chi deve sopportare un lutto senza nemmeno avere il conforto di amici e persone care?

È una situazione molto incresciosa e dolorosa. Proprio nel momento in cui le persone hanno bisogno di vicinanza e di affetto, ne sono forzatamente private. Occorre trovare tutti i mezzi per far giungere a chi è nel dolore per la morte di una persona cara la solidarietà e l’affetto di cui necessitano. D’altra parte, il pericolo del contagio giunge perfino a queste limitazioni! Siamo fraternamente vicini a quanti vivono il lutto nella solitudine più estrema, assicurando loro la nostra preghiera, strumento che non conosce le distanze e che consola i cuori. I sacerdoti sono disponibili a recarsi nel cimiteri per la benedizione dei defunti, in attesa di poter organizzare celebrazioni eucaristiche di suffragio per i defunti a tempo opportuno, passata questa contingenza.

In questo tempo di enorme responsabilità c’è ancora spazio per i poveri?

La carità non conosce orari, perciò c’è lo sforzo di assicurare i servizi ordinari essenziali, previsti a livello diocesano dalla nostra Caritas e dalle Caritas parrocchiali o vicariali, quali le mense, i dormitori, i centri di ascolto, sostenuti dalla passione di animatori e volontari, preti, diaconi e laici, senza trascurare i nuovi bisognosi e anche chi vive già in situazione di difficoltà e vede peggiorare la propria condizione. Nessuno deve sentirsi solo nel fronteggiare l’emergenza. Chi vive situazioni di precarietà, in questo tempo, potrebbe rischiare di isolarsi ancora di più.

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