Infermieri comaschi “scippati” dal Ticino: «Ci pagano il triplo»

Il caso Professionisti introvabili, qui ne mancano 500. Pesa la concorrenza svizzera: «Bandi spesso deserti». «Se non si adeguano gli stipendi andrà ancora peggio»

In Ticino sta ripartendo la caccia all’infermiere. La carenza di queste figure è un problema che tocca anche la Svizzera. Risultato: le strutture sanitarie elvetiche “saccheggiano” le zone di confine, a partire dal Comasco, riuscendo ad attrarre - in primis grazie agli stipendi molto elevati - un gran numero di professionisti. E così a rimanere sguarnita è proprio la provincia di Como, dove si stima manchino almeno 200 infermieri.

Sul nostro territorio le nuove leve non sono sufficienti, proprio per la costante emorragia verso la Svizzera. Del resto un giovane appena specializzato qui incassa circa 1.500 euro, mentre superata la frontiera anche più di 4.500 euro.

«Sicuramente siamo pochi – dice Monica Trombetta, membro dell’Ordine degli infermieri, in forze all’Asst Lariana e referente regionale del sindacato Nursing Up – servirebbero 200, forse 300 infermieri in più tra ospedali e case di riposo. Purtroppo la professione risulta sempre meno accattivante. Non è una questione di formazione, di corsi di laurea, in Italia siamo meglio preparati e si lavora bene. Il punto è che la retribuzione è scarsa. Qui si inizia con 1.500 euro al mese. In Ticino la paga è il triplo. La nostra Asst Lariana continua a fare bandi, a tempo indeterminato e determinato, che vanno quasi a vuoto. Succede anche a Lecco, a Varese o in Valtellina, come pure in ospedali grandi come il Niguarda». Il comparto sanitario ticinese occupa circa 16mila professionisti, 4.300 sono frontalieri. Le posizioni scoperte nel Cantone sono diverse centinaia, circa 7mila in tutta la confederazione. Nel Comasco secondo le ultime stime calcolate in base alla popolazione residente tratte da Agenas, mancano circa 500 infermieri (circa 200 assunzioni per aprire le case e gli ospedali di comunità, per ora mezzi vuoti, poi bisogna aggiungere quelli che servirebbero alle 54 case di riposo per anziani). Gli ospedali sono in forte affanno.

«Sarà sempre peggio senza un riconoscimento economico – dice Donatella Pontiggia, a lungo coordinatrice del corso di infermieristiche dell’Insubria al Sant’Anna – gli infermieri hanno compiti delicati e vengono pagati troppo poco. Anche dopo anni di carriera non si arriva ai 2mila euro. A meno di fare notti, di dare sempre la reperibilità, con sforzi gravosi. Ma la base è risicata. Più bassa rispetto a quella di un dipendente comunale che, con tutto il rispetto, ha certo una responsabilità amministrativa, ma non responsabilità di vita e di morte. In tanti anni ho visto fuggire all’estero molti giovani promettenti, ma verso la Svizzera hanno fatto le valigie anche decine di infermieri ormai esperti, perché stufi di stipendi troppo magri a fronte di carichi di lavoro pesanti».

Pontiggia sul finire della sua carriera ha rifiutato per ragioni personali un incarico a Lugano da 6mila euro al mese. Altri hanno accettato. I banchi al corso di laurea di Infermieristica faticano a riempirsi, per Como sono 75 all’anno. «C’è un gap culturale – spiega Loredana Cavallaro, referente della formazione per l’Ordine degli infermieri di Como – è necessario diffondere l’importanza del ruolo infermieristico all’interno del contesto sanitario, valorizzando l’informazione. E far conoscere i possibili percorsi formativi universitari ai futuri professionisti, con le relative prospettive di carriera».

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