Insubria, nuova lettera di accuse: «Sono stato insultato dai colleghi. Ma sotto inchiesta sono finito io»

La lettera Il docente del Dipartimento di scienze umane Della Vigna: «Clima ora sereno? Non credo proprio». E sui procedimenti disciplinari interni critica il rettore

«Un senatore accademico mi ha dato dello squilibrato, ha attaccato il mio aspetto fisico, ha detto che invecchio male e mi ha pure paragonato a un fascista, traditore e vile opportunista. Ma davanti al consiglio di disciplina, ci sono finito io».

Non si fermano le polemiche interne al Dipartimento di scienze umane dell’Università dell’Insubria. Dopo la pubblicazione, nelle scorse settimane, dell’intervista di un docente del Disuit, nonché senatore accademico, ora a intervenire - anche accusando indirettamente i vertici dell’ateneo di interpretare le norme interne a favore degli “amici” - è un collega dello stesso Dipartimento: Pierre Della Vigna. Protagonista della missiva il professor Giorgio La Rosa, membro del senato accademico dell’Insubria. «Tra le altre cose - scrive Della Vigna - il dottor La Rosa sosteneva: che tutte le decisioni in merito a concorsi e quant’altro sono state fatte regolarmente; di non aver mai insultato nessuno nelle riunioni istituzionali; che il clima nel Dipartimento Disuit ora è sereno. Premetto che a mio parere l’Università dell’Insubria, in cui mi onoro di insegnare da molti anni, è un buon Ateneo. Purtuttavia, in merito al Disuit, mi permetto di dissentire dall’interpretazione del collega».

In particolar modo la lettera si concentra sulle «modalità degli interventi» del senatore accademico «nei vari ambiti istituzionali a cui partecipava» e che secondo il professor Della Vigna «sono state spesso alquanto virulente e aggressive. In passato, almeno cinque docenti si erano sentiti offesi e avevano richiesto al Rettore di promuovere un’azione disciplinare nei suoi confronti. Tralascio gli altri colleghi e mi soffermo sul mio caso. Ecco un esempio di passi d’intervento proferiti con riferimento al sottoscritto durante un Consiglio di Dipartimento: “Finora ho sentito troppi interventi guidati dall’emotività, in certi casi anche dichiarata agitazione; e direi che lo si vede anche perché oltre, diciamo così, all’aspetto fisico anche quello psichico... se ne può parlare con il proprio psicanalista”». Parole che il docente traduce così: «Mi stava dando dello squilibrato, attaccando anche il mio aspetto fisico». E ancora: «In un’altra occasione mi paragonò a tal Tullio Cianetti, membro del Gran Consiglio del Fascismo, che il 25 luglio 1943 votò contro Mussolini, ma poi rinnegò la sua scelta qualche mese dopo, per evitare una condanna a morte. Insomma, riassumendo: fascista, traditore e vile opportunista».

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E qui il professore del Disuit tocca l’aspetto dei procedimenti disciplinari, che si sono moltiplicati sotto la guida del rettore Tagliabue: «Vorrei ricordare che, per le pittoresche esternazioni di La Rosa, il Rettore aveva proposto al Consiglio di Disciplina, che poi lo aveva scagionato, una semplice ammonizione, con un solo giorno di sospensione dello stipendio. Invece, ad esempio al Pro-Rettore Vicario, Serra Capizzano, ne erano stati proposti e comminati dieci, per aver definito “greve” un collega. Io stesso, al momento, sono sottoposto a un procedimento disciplinare, con richiesta di dieci giorni di sospensione stipendiale, per aver definito assurdo l’inserimento di un insegnamento di Greco antico nel Corso di Laurea di Scienze della Comunicazione. Non so perché, e certo non riguarda questi casi, ma mi viene in mente una citazione attribuita ad Antonio Giolitti: “Per i nemici, le leggi si applicano, per gli amici, s’interpretano”».

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