La cultura in lutto. Longatti? «Mente eccelsa, aveva un sogno»

Il ricordo Il critico e giornalista lascia tanti “allievi”. Domani mattina alle 9.30 il funerale al Crocifisso

Critici, giornalisti, curatori, insegnanti, artisti. È lunga la lista dei “longattiani”, dei tanti che ad Alberto Longatti - scomparso mercoledì a 92 anni - devono qualcosa, un insegnamento, un’idea, un consiglio, qualche volta anche un rimbrotto, una critica. «Era un uomo con una personalità densa di sfaccettature - ricorda Luigi Cavadini, critico nonché già assessore alla Cultura del Comune di Como nella giunta Lucini -, un uomo con il quale era bello confrontarsi. Abbiamo collaborato a lungo e proficuamente, lavorava con un occhio alla sua Como ma anche con uno sguardo che sapeva spingersi lontano. Ha fatto tanto per la valorizzazione e la divulgazione della storia culturale del territorio, dall’Astrattismo fino a Sant’Elia. Lui e Luciano Caramel sono state figure fondamentali nel mio cammino. Credo che il suo lascito più importante sia questo suo amore, questa sua attenzione per una città e un territorio cui era legatissimo».

Quell’ultimo progetto

A Cavadini fa eco Elena Di Raddo, critico nonché docente di storia dell’arte contemporanea alla Cattolica, e a sua volta curatrice di tante mostre: «Alberto è stato per molti un punto di riferimento e lo è stato anche per me, a partire da quando, giovanissima, entrai timidamente nella redazione cultura del giornale, fino a poche settimane fa, quando senza mezze misure mi raccontava le sue opinioni sulla vita culturale di Como. I suoi consigli, talvolta anche duri, illuminanti, mi sono sempre stati preziosi. Così come i suoi studi, puntuali e accurati dal punto di vista della ricerca scientifica, ma allo stesso tempo estremamente piacevoli nella lettura, caratterizzati da uno sguardo aperto e multidisciplinare: le doti del giornalista al servizio della ricerca scientifica. Aveva un sogno nel cassetto: realizzare una grande mostra che facesse comprendere l’eccezionale congiuntura vissuta da Como nel periodo tra le due guerre, tra razionalismo e astrattismo. L’avrebbe intitolata “L’epopea dei numeri d’oro”: una mostra che avrebbe messo in risalto le interrelazioni tra architettura e arte visiva, musica e letteratura sulla base di un pensiero e un sentire comune. Questa era la sua visione della cultura, senza confini, dinamica e profondamente radicata nella vita della città».

Con Longatti lavorò a lungo anche Sergio Gaddi, a sua volta critico d’arte, oltre che già assessore alla Cultura del Comune di Como, e curatore di tante “grandi mostre”. Con Gaddi, e per la verità non solo con Gaddi, Longatti condivideva il piccolo rito delle colazioni a casa di Carla Porta Musa, ospite curiosa e sempre cortesissima: «Un piccolo salotto letterario, in cui Alberto - ricorda Gaddi - amava confrontarsi sui temi che più gli erano cari, anche se forse il mio primissimo ricordo di lui risale a una messinscena in cui recitai a teatro poco più che ragazzino. Ricordo che Alberto ne scrisse la recensione, definendomi “appassionato”. Seppe essere un punto di riferimento anche per le mostre di Villa Olmo, alle quali dedicò più di un saggio a dimostrazione di una versatilità non comune, visto che spesso si trattava di artisti distanti dal suo campo di elezione, che era poi quello del Razionalismo. Alberto Longatti aveva punti di vista sempre originali, innovativi, sostenuti da una cultura profonda e appassionata».

L’amicizia con il Teatro

Tanto studio Longatti ha dedicato anche al Teatro: «Difficilmente potremo dimenticare il contributo fondamentale alla stesura del volume dedicato ai duecento anni del nostro Sociale - ricorda ora il presidente dei Palchettisti Claudio Bocchietti -. Da lì prese il largo una collaborazione che portò Alberto alla stesura della relazione principale per i 200 anni di fondazione della Società del Casino e, più di recente, alla stesura del libro dedicato al velario. Longatti aveva la bella caratteristica di parlare dopo essersi documentato, tanto più che di tanti personaggi del Novecento vantava una conoscenza diretta, personale, che gli garantiva il possesso di una “geografia” perfetta della storia locale. Sarà anche difficile dimenticare la grande curiosità, la sua grande sete di sapere: giusto pochi giorni fa mi chiedeva ancora di poter accedere all’archivio dei Palchettisti per un nuovo approfondimento sull’esposizione voltiana del 1899». Infine Giuliano Collina, pittore e amico: «È morto il più agguerrito custode culturale della nostra città - ha commentato ieri -. Ė mancato colui che, quando occorreva, sapeva risvegliare la nostra attenzione per quanto era successo o succedeva o sarebbe successo nella nostra Como. Oggi la vita di noi comaschi è sospesa, stupefatta e impoverita. Nella triste attesa che la vita continui, non trovo altra parola per definirlo che insostituibile». Il funerale di Longatti è in programma domattina alle 9.30 al Crocifisso.

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