«La fuga di specialisti dal Sant’Anna?
Non è certo per colpa della pandemia»

L’ex primario di radiologia: «Che l’ambiente a Como non sia tranquillo è un dato di fatto» - La pneumologa: «L’ospedale ha grandi professionisti, spesso sorpassati da arrivi esterni»

Valorizzare gli interni e salvaguardare i rapporti umani dentro all’ospedale, ecco le priorità per gli ex primari.

Alcuni specialisti del Sant’Anna, medici, ma anche infermieri, di recente hanno preferito trasferirsi altrove sottolineando un malcontento e un clima teso nell’ex azienda ospedaliera comasca. Il reparto di urologia, per esempio, ha perso le figure di riferimento più storiche. Ma è successo anche alla radiologia di perdere qualche pezzo importante.

La scorsa estate se n’è andato l’ex primario Alberto Sironi , per delle divergenze organizzative che però a suo dire si sono ormai chiarite per un capitolo definitivamente chiuso. «Che la percezione sia quella di un ambiente poco tranquillo è un fatto - dice Sironi - Se fosse colpa solo della pandemia o della sanità in generale ci sarebbero fuoriuscite in mezzo Paese. Piuttosto quel che penso sia davvero importante è preservare i rapporti umani tra i vari livelli, per permettere ai professionisti di lavorare con serenità. Non sempre purtroppo è così. Il responso finale comunque va dato ai cittadini. Se i cittadini comaschi sono soddisfatti della attuale sanità lariana allora va bene, basta, ma se al contrario non ne danno un buon giudizio è bene correre ai ripari». Insieme a Sironi dalla radiologia se ne sono andati altri tre specialisti. «Auguro al reparto di riuscire a costruire di nuovo un gruppo affiatato - dice Sironi - detto che non è facile reperire figure professionali e in particolare radiologi interventisti, come è difficile per il pubblico rinnovare macchinari e apparecchiature colpa del farraginoso sistema delle gare».

Sulla situazione che si vive oggi in ospedale riflette anche Anna Maspero , a lungo a capo della pneumologia. «Il Sant’Anna ha fior fiori di professionisti – spiega Maspero – che spesso si vedono sorpassati da arrivi esterni. A volte, sia chiaro, si tratta di specialisti eccezionali, ma non è sempre così. Dunque la convivenza diventa difficile. È successo anche in concomitanza con l’arrivo dell’università dell’Insubria e la facoltà di medicina. Ben venga la ricerca, poi però occorre trovare un equilibrio complicato tra medici e accademici». Un tema che molti fuoriusciti sottolineano riguarda il pronto soccorso. «Per la mancanza di personale – dice Maspero - devono coprire i turni anche specialisti di oculistica o di urologia o di altre discipline. Una misura tampone che evidenzia una criticità».

Al netto di quanto accade al Sant’Anna è vero che ci sono problemi più generali che investono tutto il sistema ospedaliero.

Si pensi al Covid, gli operatori sanitari hanno affrontato due terribili anni che hanno esacerbato stress e tensioni. «Manca spesso una gratificazione - racconta Giovanni Russo , cardiologo promettente che prima della pandemia aveva lasciato Como – In molti ospedali pubblici vicini ai cinquant’anni i medici si possono trovare, faccio solo un esempio, a fare il turno di guardia a Natale per cinquanta euro lordi su dodici ore. Dopo tanti anni di carriera avendo sopportato le relative pressioni non è il massimo. Dunque è comunque comprensibile una fuoriuscita degli scontenti».

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