Violenza di genere, la parola al giudice: «La repressione da sola non basta. Sì, i casi sono in aumento»

L’intervista Il giudice delle indagini preliminari Carlo Cecchetti: «Le pene già ci sono. Quello che manca è l’aspetto educativo e di prevenzione»

La repressione fine a se stessa non serve o, quantomeno, non basta. Quello che manca è un meccanismo che affronti il problema all’origine, per poterlo prevenire». Carlo Cecchetti, in quanto giudice delle indagini e delle udienze preliminari, ogni settimana si ritrova sulla scrivania casi da “codice rosso” da valutare. Il suo è un osservatorio privilegiato per fotografare la situazione normativa e statistica sui casi di violenza con vittime le donne.

La prima cosa che le chiedo è più una sensazione, che un fatto: ritiene siano aumentati i fascicoli da “codice rosso” che deve valutare sia come gip, quindi con misure cautelare, che come gup, quindi in termine di sentenze?

Si, e non è soltanto una sensazione. I casi sono in aumento. Ma questo è un fatto che, per certi versi, ha anche una ricaduta positiva: i fascicoli sono di più perché si denuncia di più e perché finalmente si dà il giusto nome a quanto avviene.

Dunque meno sottovalutazione e banalizzazione. Ma è solo questo?

C’è anche l’altro lato della medaglia, purtroppo: in effetti registriamo un incremento dei casi, in generale. Noi siamo quotidianamente impegnati su casi da “codice rosso”, sia in fase preliminare che giudicante.

Parliamo della fase preliminare. La normativa ha introdotto una vasta gamma di misure restrittive. Sul totale dei fascicoli, quante volte firmate ordinanze cautelari?

Direi la maggior parte delle volte. Peraltro l’ambito cautelare è forse il più importante, per questo tipo di reati, di quello successivo perché serve a tutelare le vittime.

Per quel che riguarda la fase giudicante, le pene sono adeguate o, come pensano alcuni, andrebbero alzate?

L’aumento delle pene coglie solo l’ultimo segmento del problema, quando ormai la situazione è già sfuggita di mano ed è troppo tardi. Peraltro le pene, su questi reati, sono già adeguate. L’idea che il loro incremento possa avere una funzione preventiva è un’illusione. Nella nostra società e per questo tipo di reato nessuno si ferma a pensare a quanto preveda il Codice come pena.

Quindi, come si più intervenire?

Manca completamente quello che viene prima lo strumento repressivo e mancano gli strumenti che evitino il ripetersi di fatta analoghi.

Ci può fare un esempio?

Gli uomini protagonisti di questi reati vengono segnalati ai servizi sociali. I quali però non hanno gli strumenti e le risorse per seguirli e per indirizzarli verso percorsi rieducativi. Che fine fanno quegli uomini? Il rischio di recidiva è alto. Ma, in generale, serve un approccio educativo e culturale, per poter prevenire questi reati. E poi non dimentichiamo l’effettivo sostegno delle vittime.

Anche su questo punto ci sono carenze?

Diciamo che, fortunatamente, la rete antiviolenza funziona anche grazie al grosso lavoro del Terzo settore, che sopperisce alle carenze strutturali. Parliamo di persone fragili che vanno tutelate.

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