La truffa del bancario che indaga sulle frodi (e che vi svuota il conto)

La storia Una telefonata e la voce di un finto addetto che della vittima conosce le coordinate bancarie. La testimonianza di un noto imprenditore comasco

Incredibile il livello di sofisticazione raggiunto nel campo delle truffe. Sentite questa: un noto imprenditore comasco ha ricevuto qualche giorno fa una telefonata da un tizio che asseriva d’essere un funzionario del servizio antifrode della sua banca; il tizio gli comunicava che pochi giorni prima qualcuno aveva tentato un prelievo dal suo conto corrente personale – del quale il sedicente funzionario conosceva gli estremi – e che soltanto per un caso fortuito il tentativo era fallito.

«Ora però – aveva spiegato lo stesso fantomatico addetto – stiamo lavorando con la polizia perché nutriamo il sospetto che qualche impiegato all’interno di un paio delle nostre filiali movimenti somme ingenti di denaro sui conti dei clienti. Sono operazioni di borsa che hanno ovviamente fini di lucro e di cui voi correntisti non troverete mai traccia, poiché si compiono al chiuso delle filiali».

L’app congelata

Alla prima telefonata ne sono seguite altre, combinate a una pioggia di sms che sembravano sempre arrivare da utenze riconducibili davvero alla banca in questione. Molti dei messaggi, nei tre giorni successivi, elencavano tentativi di prelevamento abortiti e tentativi riusciti, salvo poi indicare anche il riaccredito delle somme sottratte, a conferma dell’ipotesi che il denaro servisse a condurre in porto rapide speculazioni finanziarie.

«Tutto credibile, tutto molto plausibile», racconta la vittima del tentativo di raggiro, alla quale, all’improvviso, dopo 72 ore di febbrili contatti, si blocca anche, e inspiegabilmente, l’app che serve a operare sui conti direttamente dal telefono. «Lavoriamo in stretta collaborazione con la polizia, e lei ci deve aiutare a identificare questi dipendenti», dice ancora il solito funzionario in un’ulteriore telefonata, suggerendo all’imprenditore di presentarsi direttamente in filiale per risolvere il problema del blocco della app e di farlo mantenendo il telefono in comunicazione con lui, in modo da consentirgli di «capire come agiscono gli impiegati».

«Abbiamo aperto un conto “secretato”. Per completare il lavoro lei dovrebbe versare 19mila euro per valutare come si comportino questi impiegati. Nel frattempo torni anche in filiale e mantenga il telefono ancora acceso»

Non è chiaro quale fosse l’obiettivo reale di quest’ultima richiesta, se non forse quello di carpire qualche ulteriore dato sensibile, ma è un fatto che la vittima, tuttora persuasa di avere davvero a che fare con un funzionario della sua banca, accetti ed esegua, riuscendo a farsi ripristinare il funzionamento della app mantenendo aperta la comunicazione telefonica con il tizio. Il quale ringrazia e lascia passare un altro giorno prima di richiamare, convinto che la vittima a quel punto sia “cotta” a puntino: «Ottimo lavoro, finora. Purtroppo però i prelevamenti non autorizzati proseguono - gli dice -. Per questo motivo abbiamo aperto un conto “secretato”. Per completare il lavoro lei dovrebbe versare 19mila euro per valutare come si comportino questi impiegati. Nel frattempo torni anche in filiale e mantenga il telefono ancora acceso».

L’ultima richiesta

È a quel punto che l’imprenditore mangia la foglia e per fortuna si ferma. Chiede spiegazioni che l’interlocutore non fornisce, limitandosi a inviare una sgangheratissima mail dai toni vagamente minacciosi: «La banca, visto la mancanza di collaborazione mostratoci (sic!), e se dovessero avvenire degli addebiti con appositi disconoscimento, si riserva nella eventuale valutazione della essa (sic)...». Dal testo, solo parzialmente comprensibile, sembrerebbe di capire che se il titolare del conto, non avendo ottemperato alle disposizioni impartite per telefono, dovesse lamentare degli ammanchi, la banca sarebbe sollevata da ogni responsabilità.

Peraltro non è, questo, l’unico messaggio recapitato in corso d’opera. Ce ne sono anche altri. Per esempio: la banca tal dei tali «autorizza in modalità istantanea il trasferimento e la messa in sicurezza dei fondi presenti sui rapporti sotto osservazione, come da protocollo 5491 in data 4 ottobre da lei visionato». O ancora: «Questo sms è coperto da segreto istruttorio come da codice di procedura penale, copre singoli atti d’indagine o da una loro sequenza, in caso in cui non si osserva tale procedura si risponde alla segretazione con apposito provvedimento giudiziario...».

A parte lo stupro della lingua italiana, i messaggi non erano e non sono altro che clamorose “supercazzole”, quantomeno per chi abbia un minimo di confidenza con il linguaggio giuridico. Quanto a chi nella vita fa altro, beh, il rischio di cascarci c’è davvero. Per cui, una volta per tutte, ricordatevi che se un funzionario di banca ha bisogno di voi vi telefona e vi fissa un appuntamento in filiale, e che di rado la polizia si servirà di voi come “esche”. Potrebbe anche essere divertente, ma la vita, purtroppo (o per fortuna) soltanto di rado somiglia a un film.

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