L’incidente in centro diventa un caso. E finisce alla Corte Costituzionale

Tribunale Il legale di una donna fuggita dopo lo scontro contesta la pena prevista dalla legge

Un incidente tra una Bmw e uno scooter che avvenne tra via Grandi e viale Roosevelt il 19 luglio del 2020 arriva addirittura sul tavolo della Corte Costituzionale. Con tanto di processo in corso a Como – imputata una donna di Milano, 45 anni – che è stato sospeso in attesa di conoscere il pronunciamento dei giudici della Consulta.

Partiamo dall’inizio di questa storia, che nasce dall’incidente per questioni di precedenze e semafori tra un’auto e uno scooter con due persone a bordo. Ad avere la peggio una donna di 44 anni, residente ad Orsenigo, che viaggia sulla moto come passeggera (per lei 40 giorni di prognosi). La signora al volante della Bmw, subito dopo l’incidente, si allontana. Nel fascicolo penale portato avanti dalla procura, dunque, le accuse parlano di lesioni personali stradali gravi (articolo 590 bis del codice penale) aggravate dalla fuga del conducente (590 ter). Reati per cui le norme prevedono una pena che va – con l’aumento dell’aggravante – da 4 mesi a un anno e 8 mesi. Tuttavia, proprio nel 590 ter, il legislatore scrive che la pena, in caso di fuga, può essere «aumentata da un terzo a due terzi» (arrivando appunto al massimo di un anno e 8 mesi) ma aggiunge che la stessa «non può essere comunque inferiore ai tre anni».

Ed è proprio su quest’ultimo passaggio che l’avvocato della difesa, Fabio Gualdi, ha presentato al Tribunale di Como in composizione monocratica una istanza sottoponendo una questione di legittimità che è stata accolta e ha portato alla sospensione del processo fino al pronunciamento della Corte Costituzionale. Una vicenda identica sarebbe stata inoltrata anche dal Tribunale di Milano.

In pratica, sostiene la difesa, il minimo di tre anni previsto dal legislatore, ben al di sopra del «limite massimo raggiungibile con gli aumenti dell’aggravante», è una «contraddizione interna» e «viola le norme costituzionali, impedendo al giudice un bilanciamento per adeguare il reato all’evento storico concreto». Come a dire che è diverso parlare di una anziana che si spaventa e fugge dopo un incidente, rispetto a una persona ben consapevole di quello che sta accadendo. Gli articoli violati della Costituzione sarebbero il 3 («tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge ») e il 27, che parla di «pene che non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

L’assenza di proporzionalità della pena, per la difesa, colliderebbe insomma con la finalità rieducativa della pena stessa perché impedirebbe al giudice di adeguare la sanzione alla gravità del fatto. «Solo lasciando un margine di discrezionalità al giudice si può adeguare la sanzione al fatto storico – conclude l’avvocato Gualdi – al fine di garantire il rispetto del principio di rieducazione della pena previsto dall’articolo 27 della Costituzione». L’istanza in questione – presentata nel palazzo di giustizia cittadino – ha così portato a chiedere la sospensione del procedimento che era in corso in attesa di conoscere il pronunciamento della Corte Costituzionale. L’udienza è stata rinviata a marzo del 2024.

© RIPRODUZIONE RISERVATA