L’omaggio a don Malgesini: «Un martire della carità»

Nel 2020 Le parole del Pontefice per ricordare il sacerdote ucciso. L’incontro toccante con i genitori e i fratelli un mese dopo l’omicidio

Como

Tra i primi a parlare di martirio - esattamente con questi termini - in riferimento all’uccisione di don Roberto Malgesini fu lo stesso papa Francesco. «Martire della carità verso i poveri»: così lo definì, in tempi certo non sospetti, potremmo dire ora, a posteriori.

Il suo ricordo arrivò a poche ore di distanza dal sacrificio estremo, reso dal sacerdote comasco la mattina del 15 settembre 2020, nel piazzale antistante la chiesa di San Rocco (area che, tra l’altro, oggi porta proprio il suo nome). Il giorno seguente, al termine dell’udienza generale in Vaticano, il Santo Padre ne tratteggiò un ritratto molto concreto.

«Desidero ricordare in questo momento – così ebbe a dire – don Roberto Malgesini, il sacerdote della diocesi di Como che ieri mattina è stato ucciso da una persona bisognosa che lui stesso aiutava, una persona malata di testa».

Vita donata

In questo modo, la testimonianza di vita donata fino alla fine di don Roberto iniziò a fare il giro del mondo, rappresentando per i fedeli – e non solo – un esempio del-a radicalità evangelica e del messaggio del Signore. Di quella carità, insomma, che come si legge nella Prima lettera ai Corinzi rappresenta il tratto essenziale e imprescindibile di ogni cristiano.

«Mi unisco al dolore e alla preghiera dei suoi famigliari e della comunità comasca - proseguì il Pontefice il 16 settembre del 2020 – e, come ha detto il suo vescovo, rendo lode a Dio per la testimonianza, cioè per il martirio, di questo testimone della carità verso i più poveri».

Il pensiero del pontefice riecheggiò anche durante la messa esequiale di don Malgesini, presieduta in Cattedrale a Como dal cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità, il 19 settembre. «Papa Francesco – disse – si unisce ai fedeli della sua parrocchia, ai fratelli bisognosi che ha servito con tutto il cuore fino all’ultima mattina e a tutta la comunità comasca. Don Roberto è morto, quindi vive. L’amore non muore mai, neppure con la morte».

Parole forti, che aprirono allora – e tuttora aprono – a una prospettiva di speranza, che attinge forza dalla preghiera di Gesù stesso. Quel «Padre nostro, sia fatta la tua volontà non la mia, sia santificato il tuo nome, non il mio, venga il tuo regno, non il mio» che il sacerdote testimoniò concretamente, e fino alla fine, con il dono della propria vita.

Sempre a nome del papa, il cardinale Krajewski quel giorno consegnò alcune corone del rosario per i volontari e per i bisognosi di don Roberto, ma anche per «il ragazzo sfortunato che è in carcere», ossia per l’uccisore, compiendo un vero gesto di misericordia. Inoltre, al termine dei funerali, lo stesso elemosiniere raggiunse i genitori di don Malgesini in Valtellina, a Regoledo di Cosio, per consegnare loro una corona di rosario preziosa e per «baciare le loro mani a nome del Santo Padre».

Ancor più toccante, poi, fu l’incontro in prima persona tra il papa e i genitori, mamma Ida e papà Bruno, ma anche i fratelli Mario, Caterina ed Enrico. Il tutto avvenne un mese più tardi, a margine dell’udienza generale di mercoledì 14 ottobre. «Prima di entrare in aula ho incontrato i genitori di quel sacerdote della diocesi di Como che è stato ucciso; proprio è stato ucciso nel suo servizio per aiutare».

Le lacrime

Sempre in merito a questo incontro, Bergoglio parlò di un aspetto particolare: le lacrime dei genitori. «Sono le lacrime “loro” e ognuno di loro sa quanto ha sofferto nel vedere questo figlio che ha dato la vita nel servizio dei poveri». «Quando noi vogliamo consolare qualcuno - ha aggiunto il Pontefice - non troviamo parole perché non possiamo arrivare al suo dolore, perché il suo dolore è suo, le lacrime sono sue. Lo stesso con noi: il mio dolore è mio, le lacrime sono mie, e con queste lacrime, con questo dolore mi rivolgo al Si-gnore».

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