Mafia turca, il boss: «Addestro kamikaze»

L’operazione Baris Boyun, incastrato dalla polizia comasca, intercettato mentre ordina omicidi in tutta Europa

«Ti ricordi quell’organizzazione terroristica che ha assalito i poliziotti facendosi saltare in aria? Sto addestrando i miei ragazzi nelle azioni da fedayn, attacchi kamikaze». Sono le 23 del 26 febbraio scorso. A parlare è Baris Boyun, 40 anni il prossimo giugno, curdo. È in casa con la moglie Ece, di 9 anni più giovane, detenuto ai domiciliari. L’appartamento è pieno zeppo di cimici della polizia. Che registrano ogni sospiro.Ogni esclamazione. Ogni ordine impartito ai suoi uomini. Ogni parola: «Uccidere». «Vendicarsi». «Sparare alle gambe». «Bombe». «Kalashnikov». «Uzi». La polizia turca gli dava la caccia da anni. Perché lo considera uno dei più spietati boss della malavita organizzata all’ombra della mezzaluna e della stella a cinque punte. A incastrarlo e a farlo finire in cella con accuse da ergastolo, sono stati i poliziotti comaschi.

«Ti ricordi quell’organizzazione terroristica che ha assalito i poliziotti facendosi saltare in aria? Sto addestrando i miei ragazzi nelle azioni da fedayn, attacchi kamikaze»

A tradire Boyun, già arrestato per ben due volte ma rilasciato la prima e messo ai domiciliari la seconda, un viaggio in Svizzera nel settembre dello scorso anno. Al presunto boss mal gliene incolse l’idea di transitare da Como per attraversare il confine. Lui ancora non lo sapeva, ma quando a fine settembre una pattuglia della squadra volante intercettava e fermava in tangenziale un’auto con a bordo tre cittadini turchi armati, la scorta del presunto boss. decretava l’inizio della sua potenziale fine (sempre che le accuse mosse a suo carico reggeranno in un eventuale giudizio).

È stata l’intuizione dei detective comaschi a dare il via a un’indagine che, in una manciata di mesi, ha raccolto indizi su una interminabile serie di reati, tra i quali almeno un omicidio - avvenuto a Berlino - nonché progetti di attentati kamikaze, traffico di droga e di armi, riciclaggio di soldi, traffico di esseri umani sulle rotte dei migranti.

Omicidi e attentati

Le accuse più gravi mosse a Boyun e ai suoi 17 coindagati (tra loro anche i tre arrestati a Como lo scorso settembre) parlano di banda armata. Dai domiciliari il presunto boss viene intercettato mentre - accusano gli investigatori - ordina l’omicidio di Veysel Erol, cittadino turco, freddato a colpi di pistola il 10 marzo scorso a Berlino, nelle vicinanze del Checkpoint Charlie. Un’esecuzione avvenuta all’ora di cena, in strada, davanti a decine di testimoni. Dieci minuti dopo l’omicidio, una telefonata arriva a Boyun: «Felicitazioni fratello hanno finito suo fratello maggiore». Ovvero il fratello dell’obiettivo contro cui la banda avrebbe voluto e dovuto vendicarsi.

E ancora appena un mese fa il 40enne in cella da ieri mattina viene sentito ordinare l’omicidio, in Turchia, di un uomo collegato a ambienti criminali rivali: «Vai dai ragazzi con 2 piccoli e 1 lungo (due pistole e due fucili, secondo gli inquirenti ndr). Invia un ragazzo avanti, gli altri lo seguiranno da dietro con la macchina. Nel momento in cui tutto sarà confermato, potranno andare a salutarlo». Ovvero a dirgli addio a colpi d’arma da fuoco. I poliziotti sentono tutto, allertano i colleghi turchi che il 24 aprile arrestano sei persone legate a Boyun e sequestrano sei kalashnikov, due pistole e quattro giubbetti antiproiettile.

«Non accetto il Pkk, nuova rivoluzione»

«Ho mandato notizie alla gerarchia superiore del Pkk, ho detto che non accettiamo un’organizzazione così e che fonderemo una nuova organizzazione iniziando una nuova rivoluzione». Pensava in grande, Baris Boyun. Perché a lui, almeno stando alle carte dell’accusa, interessavano sì i grandi traffici e la guerra contro le organizzazioni criminali rivali, ma tra i suoi obiettivi (ne sono convinti gli uomini della Dda di Milano) c’era anche il progetto di destabilizzazione politica della Turchia.

«L’omicidio è un nostro diritto e non sarà peccato... questa è una seconda vita che Dio ci ha concesso»

«Gli attentati, gli omicidi, le gambizzazioni, sono certamente funzionali a imporsi rispetto agli altri gruppi criminali - scrive il giudice che ha ordinato i 18 arresti - ma anche a spezzare il legame esistente tra queste e lo Stato. Una destabilizzazione che passa dall’imporre il terrore nella popolazione». Come? Attraverso azioni eclatanti. Ad esempio l’attentato (fallito grazie all’indagine della polizia comasca, che probabilmente ha salvato diverse vite) del 18 marzo scorso a una fabbrica di alluminio vicino a Istanbul di proprietà di uno dei rivali di Boyun. «Ragazzi buona fortuna in battaglia: radete al suolo quella fabbrica» si sente il presunto boss dire al telefono. Per preparare il blitz gli uomini legati all’organizzazione mafiosa avevano anche fatto alzare in volo droni per sopralluoghi dal cielo. Così la moglie di Boyun: «L’omicidio è un nostro diritto e non sarà peccato... questa è una seconda vita che Dio ci ha concesso».

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