Medico in Pronto soccorso? No, grazie. 8 borse di studio su 17 non assegnate

Sanità A vuoto molti posti previsti dal bando per la specializzazione in Medicina d’urgenza. «Chiediamo più tutela per chi sceglie questa professione, altrimenti la situazione peggiorerà»

In pronto soccorso mancano medici e, nei prossimi anni, la situazione è destinata a peggiorare.

Nei bandi per la specializzazione in medicina di emergenza urgenza più di una borsa su tre è andata a vuoto a livello regionale, nelle province di Como e Varese quasi un posto su due è libero.

Poche “vocazioni”

Nella prima tornata di assegnazioni dei corsi universitari, con gli elenchi aggiornati a ieri, in attesa di eventuali scorrimenti delle graduatorie, emerge chiaramente una mancanza.

Per il ruolo, hanno risposto 94 studenti negli atenei lombardi per un bacino di 149 posti, vuol dire un 36% di borse non assegnate. Nella sola università dell’Insubria si sono fatti avanti otto studenti per 17 posti, quindi il 47% dei futuri specialisti mancano all’appello.

Purtroppo questo vuoto si ripercuote sul servizio, i pronto soccorso sono sempre in difficoltà e non riescono a rispondere come vorrebbero alle centinaia di accessi giornalieri. Il problema è noto in città sia al Sant’Anna che al Valduce. La carenza d’organico negli ospedali tocca molti reparti, non si trovano nemmeno infermieri e operatori socio sanitari. Ma le necessità dei pronto soccorso sono davvero stringenti.

«Ho quasi 70 anni e ho sempre fatto questo mestiere volentieri – spiega Antonello Strada, primario del pronto soccorso del Valduce - penso sia un lavoro bello ed entusiasmante. Certo è pesante, ci sono i turni la notte e pazienti che all’improvviso arrivano in condizioni davvero gravi. Ma posso assicurare che fare l’anestesista o il chirurgo non è meno faticoso. Peraltro le giovani generazioni devono attendere a lungo prima di riuscire a essere protagonisti in una sala operatoria». E rileva che «forse il pronto soccorso è stato svilito, perché per coprire i turni si fa ricorso a giovani neolaureati, a turnisti esterni o medici interni prestati da altri reparti». C’è un esodo generale dagli ospedali, peggio in questa area.

«Bisogna comprendere le prospettive che il sistema sanitario offre ai giovani medici – aggiunge Strada – quali condizioni, con quale tipo di gavetta e per quali traguardi. Credo che le affermazioni di principio, i pregevoli programmi e i documenti delle varie autorità, per decenni abbiano posto come priorità il potenziamento dei pronto soccorso. Poi però questi intenti si scontrano con la realtà dei fatti». Che purtroppo continua a peggiorare.

La situazione lombarda

Tra gli atenei lombardi solo la Cattolica è riuscita a saturare i posti per la medicina d’emergenza urgenza, le altre università hanno molte borse non assegnate. A Brescia due terzi dei posti sono liberi, all’Humanitas di Rozzano più della metà ed è così anche all’università di Pavia. «È una situazione grave su tutto il territorio nazionale – spiega Lorenzo Blandi referente regionale di Federspecializzandi - da anni richiamiamo l’attenzione della politica perché vengano prese contromisure immediate di pianificazione delle risorse umane e di maggiore tutela di questa professione specialistica. Colpa del lavoro usurante non riconosciuto, dei limitati sbocchi professionali e delle più disparate soluzioni messe in atto dalle singole aziende e regioni per tamponare l’urgenza».

Così, conclude, «assisteremo sempre più a carenze di personale e a cure sempre meno specializzate offerte ai cittadini in pronto soccorso».

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