Niente via per chi salvò gli ebrei. Ma la vice di Rapinese la voleva

Ponte Chiasso La maggioranza ha bocciato l’intitolazione a Giuseppina Panzica. Eppure nella petizione dei residenti c’è anche la firma di Nicoletta Roperto

Como

Sette pagine piene di firme, dati, indirizzi e numeri di carte d’identità. E nell’ottava altre firme, fino a metà pagina. L’ultima è quella di Nicoletta Roperto, vicesindaco della giunta Rapinese. Oggetto della petizione: la dedica dei giardini pubblici di Ponte Chiasso a Giuseppina Panzica, la donna residente nel quartiere che salvò centinaia di ebrei facendoli fuggire in Svizzera tramite un buco nella rete del suo giardino, che era proprio sul confine.

E nonostante questo, la maggioranza che sostiene Alessandro Rapinese e la sua squadra ha votato compatta (in realtà, per la prima volta, quasi compatta) il no alla mozione per dedicare un luogo pubblico ai cittadini comaschi che nel corso della Seconda Guerra Mondiale aiutarono cittadini ebrei (e non solo) a fuggire dalle persecuzioni naziste, dopo l’armistizio del settembre 1943.

La raccolta firme

La petizione, che porta le firme di 149 persone, quasi tutti - ma non solo - residenti di Ponte Chiasso, risale al 2023. Furono Felice Bianchi e Dario Cantaluppi, entrambi residenti nel quartiere di confine, a portare il 16 febbraio di due anni fa, in ufficio protocollo a Palazzo Cernezzi, la petizione. Incassando, in quell’occasione, anche il convinto appoggio del vicesindaco Roperto.

Giuseppina Panzica, nata a Caltanissetta, era emigrata a Como con il marito Salvatore Luca, militare in congedo della Guardia di Finanza. Viveva a Ponte Chiasso, al civico 1 di via Vela, proprio accanto alla rete di confine con la Svizzera. Dal suo giardino, nel corso della Guerra, passarono – di nascosto e di notte – centinaia di ebrei, di profughi, di perseguitati politici in fuga dal fascismo e dal nazismo. Giuseppina fu aiutata, in questa missione, dal finanziere Gavino Tolis e dal maresciallo delle fiamme gialle Paolo Boetti. Li hanno chiamati gli angeli di Ponte Chiasso. E nell’ottantesimo dalla fine del conflitto sembrava un gesto quasi naturale dare alla loro memoria una sorta di riconoscimento. Anche perché pagarono caramente il loro impegno: qualcuno fece la spia, e Giuseppina, assieme ai finanzieri Boetti e Tolis, venne fermata dalla Gestapo. Dopo essere finita nel carcere di San Donnino a Como, venne portata a San Vittore e deportata prima a Bolzano poi al campo di sterminio di Ravensbruck. Riuscì a tornare, viva, alla fine della guerra e a ricongiungersi con il marito, così come il maresciallo Boetti. Non ce la fece, invece, il finanziere Tolis, morto a Mauthausen.

La memoria

«La nostra petizione - spiega Felice Banchi - non era una iniziativa di partito. A sostenere la petizione c’eravamo io e Cantaluppi, ma anche il parrucchiere di Ponte Chiasso E poi il parroco che, durante la messa, invitava i fedeli a firmare». L’ultima firmataria fu Nicoletta Roperto, vicesindaco. Ma dal 2023 nulla si è più mosso, fino al voto contrario dei giorni scorsi: «Forse è il caso di ricordare a lei e all’amministrazione che la Memoria dei Giusti non può essere barattata da meri litigi e ripicche. Chiediamo - conclude Bianchi, che condivide il pensiero anche di Cantaluppi - che l’ amministrazione si ravveda perché a noi interessa ricordare le grandi persone e la targa è una testimonianza doverosa e condivisa».

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