«Olmetto, vendita illegittima». E il Tribunale condanna l’ex curatore

Palazzo di giustizia I giudici non approvano il rendiconto e aprono la strada a nuove cause. Nuovi guai per il commercialista Fasana, già a processo per turbativa d’asta e interesse privato

Como

Secondo i giudici la vendita di Olmetto, dopo il suo fallimento, è stata viziata da una serie di illegittimità e il curatore incaricato di fare gli interessi dei creditori, in realtà avrebbe agito con scarsa trasparenza provvedendo a cedere la storica azienda tessile senza alcuna asta, ma attraverso trattative private.

Come certi sciami sismici, l’ordinanza con la quale il Tribunale di Como non ha approvato il rendiconto del fallimento Olmetto del suo curatore, rischia di suonare come l’avvisaglia di un potenziale terremoto. Perché il pronunciamento dei giudici (Luciano Pietro Aliquo, quale relatore ed estensore del provvedimento, e la presidente del Tribunale stesso Paola Parlati) apre la strada a possibili nuovi cause e - potenzialmente - potrebbe anche comportare la possibile revoca delle vendite di dieci anni or sono.

Protagonista, in negativo, di una vicenda complicata e combattuta, il commercialista comasco Giuseppe Fasana, fino a un paio di anni fa considerato, anche al quarto piano del palazzo di giustizia, la punta di diamante dei curatori fallimentari. Poi la Procura lo ha mandato a processo per turbativa d’asta e interesse privato nell’ambito delle vicende che hanno portato al fallimento dell’impero di Giovanni Maspero, imprenditore noto per la sua passione per la vela e per aver provato a rivivere i fasti di Azzurra in America’s Cup. E sull’operato del professionista si è accesa la lente della giustizia.

La decisione dei giudici

L’ordinanza Olmetto, che ha condannato Fasana a pagare non solo tutte le spese legali ma anche la consulenza tecnica d’ufficio che ha bocciato il suo lavoro, è figlia del lavoro del successore del professionista, il commercialista Danilo D’Amico, il quale sfogliando il faldone sulla storica azienda tessile fallita ha scoperto una serie di operazioni non chiare, altre particolarmente nebulose e altre ancora considerate illegittime.

Per capire la portata di questa vicenda è necessario sintetizzare cosa prevede la norma e perché in merito alla gestione dei fallimenti. Il curatore, nominato dal Tribunale, ha infatti l’onere di gestire patrimonio e conti della società in dissesto per riuscire a proteggere i crediti vantati da chi ha pretese economiche nei confronti dell’impresa andata a gambe all’aria. Questo significa che diventa un pubblico ufficiale con l’obbligo di rendicontare ogni cosa e di agire con la massima trasparenza.

La cessione irregolare

In realtà, sottolineano i giudici nell’ordinanza, la Olmetto e le controllate Elmtex (la tessitura) e Lucky Printing Mill (la stamperia) sono state cedute senza alcuna «procedura competitiva» cioè senza fare, come previsto per legge, una gara pubblica. Olmetto ed Elmtex sono dapprima state affitata (ad appena mille euro al mese) e poi acquistate (per 988mila euro, compreso il valore di un opificio di Colverde valutato 960mila euro) da Achille Pinto; la stamperia è stata ceduta per 1,2 milioni (compresa la fabbrica di Fino Mornasco, valutata 1,1 milioni) al gruppo Gentili-Mosconi .

In sintesi: le sorti di un’azienda storica sono state decise con atti «illegittimi» e attraverso «irregolarità tecnico contabili e gestionali». Per il mondo fallimentare uno scossone non da poco. Preludio di clamorosi terremoti?

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