Paratie, per la Corte di Cassazione il processo si è concluso senza condanne

Como Ieri aperta l’udienza: 7 imputati fra cui l’ex sindaco Lucini. Il procuratore generale ha richiesto che venga rigettato il ricorso. Oggi nessuna condanna

Gli aggiornamenti di oggi, 22 febbraio

Nessuna condanna. Nessun capo di imputazione (su quattordici appositamente dedicati all’argomento) che è rimasto in piedi. La Corte di Cassazione, con il dispositivo comunicato questa mattina agli avvocati delle parti, ha chiuso definitivamente un capitolo doloroso per la città di Como, quello relativo alla maxi inchiesta della procura sulla grande opera delle paratie antiesondazione. Vicenda penale nata del 2015, che aveva anche portato a misure restrittive, con il processo di primo grado a Como tenuto tra il 2017 e il 2019 che aveva visto la pubblica accusa arrivare a chiedere un totale di 40 anni di carcere per una inchiesta che aveva poi finito con l’abbracciare anche altre gare di appalto e opere pubbliche.

Nella vicenda legata esclusivamente alle paratie sono arrivati fino a Roma l’ex sindaco Mario Lucini, i dirigenti ed ex dirigenti Pietro Gilardoni, Antonio Ferro, Antonio Viola e Maria Antonietta Marciano e l’allora ex segretario generale del Comune Antonella Petrocelli. Tutti prosciolti, senza un solo giorno di condanna rimediato. La Cassazione ha invece accolto il ricorso del procuratore generale di Milano – che aveva impugnato la sentenza d’Appello – in merito alla vicenda dell’allargamento di salita Peltrera. Sentenza di assoluzione <perché il fatto non sussiste> che è stata annullata rinviando <ad un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello>. Al centro di questo capo di imputazione, l’ultimo della tesi della Procura, c’erano Pietro Gilardoni e Antonio Viola. Infine, sulla rivelazione di segreti d’ufficio per le opere di piazza Volta e via Garibaldi, rimangono i sei mesi per Gilardoni e vengono invece dichiarati prescritti quelli dell’imprenditore Giovanni Foti.

La vicenda

Quella che è appena trascorsa, potrebbe essere stata l’ultima notte di quello che in questi lunghi anni – il procedimento penale era stato aperto addirittura nel 2015 – abbiamo imparato a conoscere come il processo alle paratie antiesondazione del lago di Como.

Un fascicolo monumentale, con centinaia di pagine e 23 capi di imputazione che avevano riguardato diversi aspetti della grande opera e di altre gare di appalti della città, dalle fognature di Sant’Agostino a Salita Peltrera, passando per la scuola di via Perti e piazza Volta.

Una vicenda per cui in primo grado la Procura aveva chiesto 40 anni di carcere complessivi per i vari imputati, ma che ieri – di fronte ai giudici della Cassazione – partiva da un solo capo rimasto, il numero 22 per una «presunta rivelazione di segreti d’ufficio» relativa alle opere di piazza Volta e via Garibaldi, con soli sei mesi a testa per l’ex dirigente Pietro Gilardoni e l’imprenditore Giovanni Foti. Tutto il resto si era fermato tra assoluzioni e prescrizioni.

La sentenza d’Appello

La sentenza d’Appello aveva infatti completamente smontato il castello accusatorio, già indebolito fortemente dai giudici di Como nel corso del processo di primo grado tenuto tra il 2017 e il gennaio del 2019. A Milano i capi di imputazione erano crollati uno dopo l’altro, assolvendo (o confermando le assoluzioni e i non doversi procedere) per tutti gli altri imputati, a partire dall’ex sindaco Mario Lucini, passando per i dirigenti comunali come Antonio Ferro, Antonio Viola, per arrivare ad Antonella Petrocelli e Maria Antonietta Marciano.

La procura meneghina aveva però impugnato in Cassazione, e lo stesso avevano fatto anche le difese degli imputati per cui l’Appello aveva stabilito il «non doversi procedere» in seguito «all’intervenuta prescrizione» del reato. Perché la volontà – tra cui proprio quella delle difese di Gilardoni e Lucini – era di chiudere con il riconoscimento della insussistenza del reato su tutte le contestazioni, comprese per quelle prescritte.

Ancora di fronte

Ieri mattina, insomma, le parti si sono ritrovate di fronte a Roma, ad anni di distanza rispetto a quando iniziarono a battagliare per la prima volta. Una vicenda infinita, proprio come l’opera reale, ancora non conclusa seppur ora si intraveda la luce. E l’udienza non ha mancato di esordire con la richiesta a sorpresa del rigetto, da parte proprio del procuratore penerale della Cassazione, del ricorso presentato dal procuratore generale presso la Corte d’Appello di Milano. Rigetti e inammissibilità anche per gli altri ricorsi sul tavolo.

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