Paratie, il caso in Cassazione a febbraio. Sette anni dopo l’avvio del processo

Il ricorso L’accusa torna all’attacco: condannateli. Ma son passati ormai più di 10 anni dai fatti. Anche gli assolti si rivolgono alla Suprema corte: la prescrizione non basta all’ex sindaco Lucini

Quale possa essere il senso di un giudizio che arriva a oltre dieci anni dai fatti contestati, è materia sulla quale i filosofi del diritto e i costituzionalisti dibattono da sempre. Ora tra i casi di “giustizia” a scoppio ritardato si inserisce, a pieno diritto, pure il processo paratie.

La Corte di Cassazione ha infatti fissato per la fine del prossimo mese di febbraio l’udienza su un procedimento penale aperto ormai nel lontanissimo 2015. Il cui processo di primo grado è cominciato nel 2017, per poi finire nel gennaio del 2019. In sintesi i giudici romani sono chiamati a ristudiare l’immensa documentazione giudiziaria a oltre dieci anni dagli episodi contestati, e a ben sette anni dalla sentenza di primo grado.

Com’è noto il processo d’Appello si è chiuso con una sentenza clamorosa: l’assoluzione nel merito o il non doversi procedere per avvenuta prescrizione per praticamente tutti i reati contestati, tranne uno: la rivelazione di segreti d’ufficio (e non la turbativa d’asta, reato dal quale entrambi sono stati assolti con formula piena) contestato al costruttore Giovanni Foti e all’ex dirigente comunale Pietro Gilardoni. Ma da una richiesta complessiva di 40 anni di carcere sollecitata dalla Procura di Como in primo grado, si è arrivati a un solo anno (sei mesi a testa), passando dai 12 anni totali del primo grado.

I ricorsi

La Procura generale ha fatto ricorso contro le assoluzioni a carico di Antonio Ferro, di Gilardoni, dell’ex dirigente Antonio Viola, dell’ex sindaco Mario Lucini e della dirigente Maria Antonietta Marciano. L’accusa chiede l’annullamento delle assoluzioni, accusando i giudici di secondo grado di aver emesso una sentenza in molti punti «contraddittoria» se non addirittura «illogica» attraverso «uno scrutinio dei fatti accertati incompleto» e «caratterizzato da una frammentazione del quadro probatorio».

Ma anche le difese hanno fatto ricorso. E non soltanto quelle di Foti e di Gilardoni ma pure tutti gli altri imputati che chiedono un’assoluzione nel merito anche per quegli episodi per i quali l’Appello ha stabilito il «non doversi procedere» in seguito «all’intervenuta prescrizione» del reato. Il riferimento è al famoso “spacchettamento” degli incarichi per il progetto di variante, quando la perizia venne affidata allo stesso pool di professionisti ma fu divisa in tre, con la possibilità di procedere ad affidamento diretto senza passare da eventuali gare d’appalto.

I possibili scenari

A febbraio potranno succedere due cose. La prima: che la Cassazione respinga i ricorsi, e che quindi la vicenda paratie finisca definitivamente come sancito dai giudici della Corte d’Appello, ponendo così fine a un’inchiesta “monstre” che ha portato anche a diverse ordinanze di custodia cautelare - pure in carcere - salvo poi terminare pressoché in nulla.

La seconda: che uno o più ricorsi siano accolti e la sentenza annullata in alcune parti. In questo caso il fascicolo rischia di dover tornare davanti ai giudici di Milano, con una coda processuale che potrebbe rendere il procedimento giudiziario sulle paratie addirittura più lento della costruzione dell’opera stessa.

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