Paratie, il Comune perde ancora. E ci costa 200mila euro

In Cassazione I primi progettisti vincono definitivamente e con formula piena la causa sui presunti errori . Sentenza durissima contro Palazzo Cernezzi

Il Comune di Como voleva 5 milioni e mezzo di danni dai progettisti originari delle paratie. E invece dovrà sborsare lui - o, meglio, dovranno farlo i cittadini - decine di migliaia di euro per rimborsare le spese legali senza contare quanto già pagato (altre decine di migliaia di euro) per le consulenze tecniche che portano il conto complessivo a una cifra che si aggira sui 200mila euro. È una sconfitta su tutta la linea, con passaggi della sentenza che non si limitano a dar ragione agli ingegneri Ugo Majone e Carlo Terragni e all’architetto Renato Conti, ma riserva stoccate anche clamorose contro l’amministrazione cittadina.

I danni e la sconfitta

La causa civile, il cui via è stato deciso dalla giunta Lucini mentre la giunta Landriscina ha deliberato il ricorso in Appello prima e in Cassazione poi, nasce dall’idea che i 5.464.418,31 euro sborsati dal Comune in seguito allo stallo dei lavori e alle successive perizie di variante, sarebbero da imputare ad asseriti errori progettuali nel disegno originario delle paratie (totalmente diverso rispetto all’attuale). E, in particolare, che i danni alla scala a ridosso dei giardini a lago - colpita e affondata nel volgere di pochi anni, a causa di errori nei lavori - sarebbero legati proprio a sbagli nei calcoli e nei disegni dei progettisti. In realtà la sentenza di primo grado già sei anni fa, quella d’appello del 2020 e ora quella della Cassazione smentiscono tale ricostruzione.

Anzi, le tre sentenze sono concordi nel dire che i cedimenti sono stati provocati proprio da sbagli procedurali connessi con la variante che aveva già cambiato, in modo sostanziale, il progetto originario. Anzi, di più: i giudici dicono che proprio la decisione di non seguire i dettagli operativi indicati dagli ingegneri Terragni e Majone (il passaggio è molto tecnico e riguarda la scelta di impiegare le palancole Larsen a tenuta in asciutto, anziché in acqua come indicato nel progetto originario) è la causa dei cedimenti che hanno costretto l’amministrazione a ridisegnare l’intero progetto.

La dimenticanza

I giudici romani non sono stati certo teneri con Palazzo Cernezzi. Qualche citazione dalla sentenza: il ricorso del Comune «pretende una inammissibile rivalutazione del fatto deducendo vizi di nullità insussistenti». E subito dopo: «Il Comune omette quasi totalmente la ricostruzione, sia pure sintetica, della complessa vicenda». E ancora: «L’odierno ricorrente inammissibilmente denuncia “la assoluta contraddittorietà della motivazione” sebbene nella vicenda debbano escludersi vizi di motivazione». E infine, addirittura clamoroso il passaggio relativo al fatto che l’amministrazione, nel ricorso, aveva addirittura dimenticato di includere il progetto originario che pretendeva che i giudici dichiarassero sbagliato e dannoso per le finanze pubbliche: la Cassazione ha ribadito senz’ombra di dubbio che spetta al danneggiato presentare tutte le carte necessarie a dimostrare il danno.

Insomma, una Caporetto legale, che finirà per avere ripercussioni anche sulla causa che Sacaim ha avviato contro il Comune di Como e Infrastrutture Lombarde. Tanto è vero che l’amministrazione ha dovuto procedere a uno stanziamento a bilancio di circa 1,5 milioni di euro, denaro che verosimilmente i comaschi dovranno pagare all’azienda veneziana a titolo di accordo stragiudiziale, dopo che il giudice ha fatto capire ai legali dell’amministrazione che un accordo era auspicabile, per il Comune.

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