Paratie, il pasticcio ora è giudiziario: così il processo slitta in autunno

L’ennesima beffa A Milano il Tribunale sbaglia a mandare le notifiche dell’Appello: tutto rinviato di quattro mesi. E intanto aumentano i capi d’accusa destinati a cadere in prescrizione prima ancora dell’inizio delle udienze

Questo Appello non s’ha da fare. Ci sono voluti tre anni di attesa perché a Milano ci si decidesse di fissare il processo di secondo grado per i presunti illeciti commessi nei lavori per le paratie, e ora che sembrava essere giunto il giorno giusto - ieri, per la precisione - i giudici hanno rimandato tutti quanti a casa: ci si vede in autunno inoltrato.

L’errore

La colpa? Il solito errore nelle notifiche della fissazione dell’udienza, da parte della corte d’Appello. E così, questa estate, altri capi d’imputazione cadranno in prescrizione. Trasformando l’intero procedimento in un esercizio di stile quasi senza senso. Perché da un lato, molti imputati che reclamano con forza la loro innocenza potrebbero essere tentati di chiudere i conti con la prescrizione per non rischiare possibili letture loro contrarie. Dall’altro, qualora effettivamente i reati fossero stati commessi, si arriverebbe a un sostanziale nulla di fatto a dispetto di anni di indagini, udienze, polemiche.

Cos’è successo?

Partiamo dalla fine, ovvero dalla mattinata di ieri, con il viaggio a vuoto al palazzo di giustizia di Milano.

Nel capoluogo lombardo erano convocati l’ex sindaco Mario Lucini (condannato in primo grado a un anno e mezzo per falso e turbativa d’asta, ma assolto da tre capi d’accusa), l’ex sindaco Stefano Bruni (che era accusato di reati edilizi e paesaggistici già dichiarati prescritti dai giudici di Como, e quindi uscito con una sentenza di “non doversi procedere” nei suoi confronti), il dirigente del Comune di Como Antonio Ferro (condannato a un anno e 3 mesi per turbativa d’asta e falso, ma assolto da ben cinque capi d’imputazione), l’ex dirigente di Palazzo Cernezzi Antonio Viola (condannato a due anni per corruzione per la vicenda dei lavori in via Salita Peltrera, e assolto per due capi d’imputazione legati alle paratie), l’ex dirigente Pietro Gilardoni (condannato a 4 anni per turbativa d’asta, falso e per la corruzione di via Salita Peltrera, e assolto da altri 10 capi d’accusa), l’imprenditore Giovanni Foti (condannato a un anno e 8 mesi per rivelazione d’ufficio e assolto per la turbativa d’asta), l’ex segretaria comunale Antonella Petrocelli (condannata a 6 mesi per turbativa d’asta e assolta da un secondo capo d’accusa), e la dirigente comunale Maria Antonietta Marciano (condannata a un anno per falso e assolta per un’altra contestazione).

L’udienza a Milano è durata il tempo di rendersi conto che Sacaim, l’impresa veneziana che iniziò il cantiere salvo poi doversi arrendere e finire sotto processo, e Graziano Maggio, altro imputato uscito indenne dal primo grado ma per il quale la Procura ha fatto ricorso, non avevano ricevuto alcuna notifica della fissazione dell’udienza.

Le prescrizioni

Una leggerezza burocratica che si traduce nello slittamento del processo al prossimo novembre, con un rinvio di ben 4 mesi. In questo periodo altri capi d’accusa cadranno in prescrizione, così come - nel frattempo - l’attesa della fissazione dell’Appello ha fatto scivolare nell’oblio altri reati che avevano portato a una sentenza di condanna in primo grado.

Già ieri, di fatto, una delle accuse di falso per cui l’ex sindaco Lucini cui era stato condannato a Como era caduta in prescrizione, la seconda lo diventerà prima dell’udienza di novembre e la terza e ultima contestazione entro l’agosto del prossimo anno. Per l’ex primo cittadino una magra consolazione, se si pensa che ha sempre respinto ogni accusa e si è sempre professato assolutamente estraneo alle contestazioni a lui mosse.

Insomma, la montagna alla fine se andrà bene avrà partorito un topolino. Forse neppure quello. Appuntamento, dunque, a fine autunno. Senza alcuna certezza che si possa arrivare a una sentenza già quest’anno. Quasi certo un rinvio. Con buona pace di chi attende che la giustizia si pronunci.

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