«Patria? Caso allucinante. Basterebbe un mese per rimetterlo a nuovo. Ma la Navigazione non vuole»

L’esperto Parla il prof del Politecnico che collaborò con Famiglia Comasca. «Da 33 anni l’ente nega ogni collaborazione per salvare il piroscafo»

La situazione del piroscafo Patria è un «paradosso per cui la soluzione positiva che si profilava viene lasciata sfuggire per un soffio» e questo nonostante «i lavori necessari per rimettere il piroscafo in funzione non richiederebbero più di 3-4 settimane».

Flaminio Borgonovo è un professore, in pensione, del Politecnico di Milano. «Dal lontano 1996, in qualità di esperto di vapore, sono stato al fianco dell’amico Piercesare Bordoli, compianto presidente della Famigia Comasca, nella lotta per il Patria. Di questa conosco bene tutti gli accadimenti» spiega. Le ultime notizie che hanno spinto i privati a rinunciare al progetto di sistemazione, alla luce del no della Navigazione a mettere a disposizione i propri cantieri sul lago, lo hanno spinto a intervenire per chiarire alcuni aspetti tecnici di una vicenda che lui stesso definisce «allucinante».

«Situazione allucinante»

Siamo alla «ripetizione di situazioni già accadute in trentatré anni e causate primariamente dalla posizione sempre negativa tenuta dalla Navigazione sotto ben cinque direttori generali - sottolinea l’esperto - Questi hanno da sempre negato l’interesse per la storicità, il vapore e il trasporto turistico, hanno sostenuto di non avere fondi per la ristrutturazione e oggi negano la disponibilità di un cantiere che loro dicono occupato per tre anni, quando Patria e Concordia sono stati costruiti a Dervio in 53 giorni. Chi si occupa di allestimento navale conosce che in tre anni, con le dovute maestranze ed imprese esistenti, si potrebbe oggi costruire una flotta, mentre i lavori necessari per rimettere il piroscafo in funzione non richiederebbero più di 3-4 settimane».

Come dire: il problema c’è, perché lo si vuole creare. E intanto un pezzo di storia del nostro lago rischia letteralmente di affondare. «Quando la politica si è mossa, negli anni 2000, i finanziamenti sono stati trovati rapidamente da parte di Provincia, Regione, Ministero dei Trasporti, e Fondazione Cariplo. E poi, nel vendere il Patria alla Provincia, il ministero ha autorizzato la Gestione a fornire un supporto tecnico nelle fasi di ripristino e ad individuare soluzioni atte alla futura gestione del natante, e allo scopo ha fornito 796.000 euro sui 3.5 milioni che è costata la ristrutturazione del 2013. Purtroppo questa ha avuto esiti non felici, questa volta non per responsabilità della Navigazione».

Soldi pubblici sprecati

Più di recente, di fronte all’immobilismo del pubblico, si muovono i privati: «La soluzione vincente è stata trovata, e senza più costi per il pubblico, anzi. Il turismo esplode, esiste un progetto di imprenditori privati comaschi per un utilizzo non esclusivo; progetto già passato al lungo e attento vaglio della Soprintendenza ai Beni Culturali. Ci sono i soldi, parecchi e non pubblici. C’è lo status di bene storico protetto. C’è la volontà del territorio. Serve solo l’utilizzo, a pagamento, degli unici alaggi praticabili sul lago, quelli della Navigazione. Ebbene a tutte queste opportunità la Navigazione ha più volte risposto ”no”. E ciò, per chi conosce i fallimenti del passato, condanna inevitabilmente il destino del Patria, che finirà la sua gloriosa carriera, dimenticato, a marcire in qualche attracco remoto dopo essere stato dichiarato bene culturale protetto ed essere costato 3.5 milioni di soldi pubblici».

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