Piscina di via del Dos, il Comune ha dormito per 26 anni. Gli ex assessori: «Soluzioni complesse e rischi legali»

Il caso Cenetiempo: «Questione mai posta all’attenzione della giunta». Magatti: «Per molti più comode le proroghe». Angela Corengia: «La gara decisa da noi. Loro hanno perso tempo con un progetto inattuabile»

All’epoca della giunta Bruni, oltre dieci anni fa, «nessuno ha mai posto la questione» dell’appalto per la gestione della piscina di via del Dos, spiega l’allora assessore al Patrimonio Enrico Cenetiempo. Quando arrivò Lucini «cercammo una soluzione politica, ma l’ipotesi trovata è stata scartata dalla dirigente perché ha detto che avrebbe rischiato l’accusa di voler favorire Colisseum», commenta Bruno Magatti, allora assessore ai Servizi Sociali. «Noi, invece, la gara l’abbiamo voluta da subito. Ma loro hanno preso tempo con un project financing inattuabile e poi è arrivato il Covid» sintetizza Angela Corengia, ultimo assessore ai Servizi sociali prima del cambio Landriscina- Rapinese.

Ognuno ha una motivazione apparentemente valida, ma resta il fatto che per 26 anni tra i corridoi di Palazzo Cernezzi si è evitato di mettere mano a una gestione monocolore di un bene pubblico, arrivando fino al momento in cui la situazione è esplosa. Con la diretta conseguenza che le famiglie dei ragazzi disabili che nella vasca del via del Dos passano ore di mobilità altrimenti impossibile, ora sono alla disperata ricerca di una nuova casa.

In realtà della questione via del Dos ai tempi dell’amministrazione Bruni il tema non si è mai proprio posto, come conferma l’allora assessore Cenetiempo: «Tutto funzionava e la struttura andava a mille, peraltro riguardo a un servizio particolare ed essenziale. In ogni caso fosse stato per noi, oggi avremmo fatto di tutto per tenere aperta la piscina».

Più complesso il ragionamento di Bruno Magatti: «Ci siamo posti il problema verso la fine del mandato. Io avevo fatto un’ipotesi politica: abbandonare il modello della concessione e passare a quello della coprogettazione in senso tecnico. Ovvero selezionare un partner con determinati requisiti e competenze, così che l’onere finanziario fosse a suo carico, ma allo stesso tempo potesse esercitare con competenza. Perché non lo abbiamo fatto? Perché l’allora dirigente Gualdoni venne da me e mi disse: “non me la sento, perché l’unica realtà che ha quei requisiti è Colisseum e facendo una gara in questo senso sembrerebbe che io abbia voluto affidare con certezza proprio a loro…”». Ma come si è arrivati a 26 anni di proroghe? «Perché si tratta di una scelta più comoda e meno complessa».

Chi davvero ha detto “ora basta” è stata l’ex assessore Angela Corengia, in giunta con Landriscina: «Della questione di via del Dos si accorse l’avvocato Ragadali, che diceva che bisognava fare un bando di gara perché non si poteva andare avanti in quel modo. Quando noi ponemmo la questione, Colisseum decise di presentare un project financing che non stava però in piedi. In questo modo - prosegue - sono riusciti a fermare la procedura di gara. Nel frattempo è arrivato il Covid, e allora le proroghe sono state automatiche. E siamo arrivati così a un anno fa». Quando si decide di predisporre finalmente la gara: «Ma loro (Colisseum ndr) volevano andare a tutti i costi in proroga. Per questo ho avuto diversi incontro con loro anche alla presenza del sindaco. Ma noi non potevamo permettere che il Comune sponsorizzasse ancora e senza gara una realtà commerciale, che ha sì garantito un servizio sociale, ma che ha potuto anche usufruire della struttura per i propri corsi» a pagamento.

La gara predisposta lo scorso aprile è stata bloccata da Anac, che ha bocciato il piano economico e finanziario di Palazzo Cernezzi su ricorso della stessa Colisseum, i cui legali hanno poi ottenuto dal Tar la sospensiva dello sfratto a metà luglio. I 26 anni di gestione ininterrotta si fermeranno però domani, quando la cooperativa dovrà consegnare le chiavi al Comune. Ma l’ultima parola di questa battaglia, com’è facile prevedere, non è ancora stata scritta.

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