Pochi medici, tocca agli specializzandi: in 14 al lavoro nella nostra provincia

Salute Neolaureati pronti a entrare in servizio negli ambulatori. Cinque tra Como e Brunate. Tre mesi di tempo per aprire il proprio studio: potranno seguire fino a 1500 pazienti ciascuno

Sono 14 i medici corsisti che hanno accettato di prendere servizio negli ambulatori di Como e provincia. Questi giovani medici in formazione sono l’ultima speranza per salvare la medicina territoriale.

Nel Comasco manca un medico di famiglia su tre, un centinaio di ambulatori sono vuoti, i medici non sono sufficienti rispetto al numero di pazienti da assistere. E così l’Ats Insubria su mandato della Regione ha aperto durante l’estate un bando al quale hanno potuto partecipare anche i medici ancora impegnati nei corsi di formazione. Hanno risposto in 14, di questi cinque hanno accettato un posto tra Como e Brunate.

Un mestiere bellissimo

«Anche io lavorerò in città – racconta Federico Citella, 29 anni – in uno studio associato. Sono al terzo anno, l’ultimo della formazione specifica. Ci tengo a dare un messaggio di speranza. Questo mestiere è bellissimo. Il nostro è un ruolo fondamentale per rispondere al diritto alla salute. Certo l’attuale momento storico per i medici di famiglia non è semplice. Siamo troppo pochi e il peggio deve ancora venire. Tanti colleghi sono vicini alla pensione, molti anche nel capoluogo di provincia che pure regge rispetto ad altre zone del Comasco. Noi giovani medici facciamo il possibile, tra sostituzioni e guardie mediche. E ora anche con un nuovo carico di assistiti aggiuntivo. Non che sia facile seguire tanti pazienti dovendo studiare. Con una borsa che ci garantisce solo 900 euro al mese».

Colpa della burocrazia

La metà rispetto alle altre specialità mediche. Dopo sei anni di università e dopo tre anni di formazione specifica non è molto. I medici di famiglia in formazione non possono fare altro, darsi alla libera professione. Possono guadagnare qualcosa in più con le notti in guardia medica e le sostituzioni dei più esperti colleghi in ferie. «Potremmo parlare della burocrazia che schiaccia i medici di famiglia o delle gravi difficoltà nel prenotare esami, risonanze, gastroscopie – dice ancora il dottor Citella – il mio sogno sarebbe seguire benissimo 500 assistiti, un numero congruo per seguire approfonditamente tutti i casi, garantire vicinanza, visite a casa e pronte risposte. Purtroppo non è così. Ciò nonostante sono pronto a metterci tutta l’energia possibile. Noi giovani medici non abbiamo l’esperienza dei dottori vicini alla pensione, ma abbiamo assicuro tanto entusiasmo. La credo che la mia professione sia molto importante. È difficile, ma è piena di piccole soddisfazioni. Questo è il motivo per cui, nonostante le tante lamentele di cui ogni giorno sentiamo parlare, non vedo l’ora di cominciare il mio lavoro».

I nuovi corsisti hanno tempo tre mesi massimo per aprire il loro studio. I nuovi ingressi non bastano certo a colmare il vuoto che si è creato tra i medici di famiglia. In compenso la Regione ha dato loro la possibilità di seguire più assistiti, fino a 1500 pazienti al terzo anno di formazione. Un carico di lavoro, mentre studiano, non indifferente.

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