«Prima le febbre, poi la diagnosi
È stata durissima ma sono guarito»

Il racconto della guarigione di Lorenzo Poli, 53 anni, bassista che ha insegnato al Conservatorio Verdi e ha lavorato per artisti come Renato Zero, Gianni Morandi, Adriano Celentano e Franco Battiato

Sì, si può uscire dall’incubo».

Lorenzo Poli, 53 anni, è un noto bassista dell’orchestra di Sanremo che ha lavorato per artisti illustri come Renato Zero, Gianni Morandi, Adriano Celentano e Franco Battiato.

Al Conservatorio di Como, dove è ben conosciuto, ha insegnato fino a pochi anni fa cercando di costruire un corso improntato al rock e al pop, salvo poi scegliere di migrare a Milano.

«All’inizio di marzo stavo tornando in macchina da Napoli con un collega dopo aver registrato per una trasmissione della Rai - racconta Poli -, avevamo entrambi la febbre. Ci è salita in fretta, 38,5, anche 39 gradi. Dietro il consiglio dei medici e dei numeri di emergenza abbiamo preso la tachipirina tornando dritti verso casa. La Lombardia non arrivava più, è stato un viaggio interminabile. I dottori i primi giorni mi hanno detto di stare tranquillo e ben coperto, poteva trattarsi anche solo di una normale influenza. Ma non passava. La colonnina di mercurio scendeva e poi ogni volta risaliva. Bombardato dalle notizie e dai tristi bollettini quotidiani ho iniziato a spaventarmi. E così ho chiamato un amico radiologo appassionato di musica che ha seguito con me a lungo Enrico Ruggeri. Senza di lui forse avrei atteso ancora a letto peggiorando le mie condizioni di salute. Non mi hanno fatto il tampone, scarseggiano o comunque non lo prescrivono più. Mi hanno però fatto una radiografia al torace che ha evidenziato chiaramente e con certezza una polmonite interstiziale da Coronavirus».

Residente nel Pavese il bassista è stato portato quindi all’ospedale Maggiore di Lodi.

Si tratta di uno dei presidi ospedalieri che hanno dovuto fronteggiare il primo vero e più critico focolaio di contagio noto in Italia.

Il racconto

«Mi hanno sottoposto a tutti gli esami possibili - racconta ancora Poli – ma ho dovuto aspettare due giorni in pronto soccorso steso su una barella. Non c’era più posto, neanche uno, nemmeno sulle sedie. Bisognava attendere un letto libero in reparto, ma ahimè soltanto in seguito ad una tragica notizia. Sono rimasto lì una settimana. La situazione è inutile nasconderlo è pesante. È toccante. Ho trovato gente che pativa davvero le pene dell’inferno. L’aspetto che più mi ha colpito è l’incredibile sforzo dei medici. Degli infermieri, degli assistenti, di tutti i lavoratori della sanità dalla prima fino all’ultima posizione. Una disponibilità e una umanità encomiabili. Grazie, bisogna dire grazie davvero».

Il collega che viaggiava in automobile con Poli è stato a sua volta ricoverato ed è in condizioni serie.

Sono tante del resto le amicizie che raccontano di malati, di famiglie interamente isolate, di persone care che se ne sono andate. Nel frattempo a Lodi il musicista del Conservatorio è stato curato.

Il presidio ospedaliero della bassa ha concentrato tutte le sue energie per combattere il Coronavirus lasciando pochissimi spazi al trattamento delle altre patologie. I malati da Covid-19 sono divisi nei diversi piani a seconda della gravità.

«Ogni malato reagisce in maniera diversa ed io forse sono stato semplicemente fortunato - dice ancora il musicista -, ho risposto molto bene ad un farmaco antivirale che si usa per l’Hiv. La febbre finalmente mi ha lasciato in pace. Ho avuto comunque l’impressione che nonostante la preparazione dei medici anche tra i più esperti non ci siano certezze matematiche relative a questa malattia. È un male nuovo, sconosciuto al nostro corpo e in parte anche dalla scienza. È difficile esporsi con diagnosi e previsioni sicure. Ciò nonostante io ne sono uscito sano e salvo. E non sono certo un eroe, anzi. Sono stato un malato comune, una persona normalissima. A tal proposito vorrei inviare un messaggio di speranza. Una parola e una testimonianza che spero possa essere di conforto in un momento tanto buio. Si può guarire».

L’affetto dei colleghi

«C’è un’alta probabilità di farcela - prosegue il musicista -. Ci sono medicinali che sembrano fare effetto e dei professionisti seri e impegnati pronti sul campo. I rischi maggiori riguardano purtroppo la popolazione che soffre di complicanze, di patologie preesistenti, magari anche con una età media elevata. Sono una percentuale ridotta che speriamo possa presto trovare delle risposte dalla medicina. Ma altrimenti uscire dall’incubo non è impossibile».

I colleghi del Conservatorio di via Cadorna ci tengono tutti a salutare il collega Poli augurandogli di tornare subito in forma al cento per cento. Il bassista di contro ricambia ricordando con calore e affetto l’esperienza professionale vissuta al Verdi di via Cadorna. «Ringrazio tutti per il pensiero - racconta il docente di basso -. Ora devo tornare in ospedale. Ho l’ultima tac, l’ultimo controllo dopo parecchi giorni senza febbre e finalmente in totale assenzadi sintomi. Se tutto va bene la mia quarantena finisce sabato e addio Coronavirus».

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