«Quel palazzetto mi ha salvato: Fatelo rinascere»

La storia Il campione di basket Awudu Abass: «Senza l’impianto di Muggiò, forse non sarei dove sono ora»

Como

«Se non ci fossero stati il palazzetto di Muggiò e il Basket Antoniana, forse non sarei arrivato dove sono adesso». Awudu Abass è in questi giorni in Italia. Approfittando della sosta dagli impegni cestistici a Dubai negli Emirati Arabi, dove gioca dall’anno scorso, è tornato a salutare la famiglia che abita sempre a Camerlata. Abass è il giocatore di pallacanestro più importante che Como abbia mai avuto (insieme alla leggendaria Liliana Ronchetti della Comense). Nato a Como 32 anni fa, ha fatto gli studi e si è anche sposato in città. Ha disputato 269 partite in serie A, è stato capitano di Cantù, ha vinto due scudetti con l’Olimpia Milano e la Virtus Bologna, ha vinto anche un’Eurocup, una Coppa Italia e quattro Supercoppe, e ha giocato in Nazionale (69 presenze con quella maggiore e un oro europeo Under 20).

Lontani dalla strada

Eppure... La sua storia inizia proprio a Muggiò. «Quando passo e vedo il palazzetto che cade a pezzi, mi piange il cuore – dice Abass -. Ho giocato lì da piccolo per cinque anni, ed è stato un periodo molto importante della mia vita. L’Antoniana è una società storica e ha tolto dalla strada un sacco di ragazzi come me, che altrimenti avrebbero gironzolato o sarebbero finiti in cattive compagnie. Io quando ho scoperto che vicino a casa c’era un palazzetto, mi si è aperto un mondo. E l’Antoniana è stata la mia salvezza. Non vedevo l’ora che finisse l’orario di scuola per andare all’allenamento di minibasket».

Dal 2013 però l’impianto è abbandonato. «Ed è un peccato. Perché non era solo un palazzetto, era un luogo dove dalle tre del pomeriggio fino a sera transitavano centinaia di atleti di diversi sport. Sembrava di essere in un villaggio olimpico. Oggi, da troppi anni, tutto questo non c’è più. Tanti bambini, giovani e adulti, non hanno potuto fare sport a Como. Credo che un Comune importante e internazionale come Como non possa rimandare ancora sul nuovo impianto. E’ anche tra i suoi compiti dare ai cittadini la possibilità di fare sport».

Le idee non sono mancate. Nel 2018 erano stati annunciati i lavori entro un anno e la chiusura del cantiere in tre anni. Poi nel 2021 veniva approvato il progetto di una struttura polifunzionale su tre livelli con una capienza complessiva di più di 2000 posti a sedere. Fino allo scorso marzo, quando viene presentato un maxi intervento da oltre 50 milioni di euro riguardante anche la piscina olimpica (nel palazzetto due piccole palestre da 434 e 310 spettatori). «Una cittadella dello sport collegata alla piscina e al Campo Coni sarebbe magnifica - sottolinea Abass -. A Dubai parlano del lago, del Calcio Como, e magari i turisti potrebbero venire qua anche perché trovano delle strutture sportive moderne. Ma sappiamo anche che i progetti faraonici è difficile realizzarli, soprattutto in Italia. Magari meglio qualcosa di più piccolo, ma l’importante è realizzare una struttura senza ulteriori rinvii».

Al Campo Coni

Abass non è l’unico esempio. «Sì, mi ricordo da piccolo che vedevo Alì Chituru (velocista di atletica, ndr) allenarsi al Campo Coni. E lui come me ha avuto l’opportunità partendo da Muggiò di arrivare a livelli internazionali. Se le strutture sportive ci sono, possono nascere a Como altri cento Chituru e Abass».

Infine una proposta. «I progetti dei palasport sono affidati ad architetti che magari non sono dei praticanti. Invece sarebbe bello consultare anche degli atleti professionisti della zona. Se serve un consiglio, io sono a disposizione - dice Abass -. Non ho nessun ritorno, e lo farei subito, perché sono molto legato al posto dove sono cresciuto. Quest’anno giocherò in Eurolega e porterò in giro con orgoglio il nome di Como».

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