Quelle famiglie comasche
divise dalla frontiera
«Obbligo di quarantena»

Quanti disagi. Tanti italiani che vivono in Svizzera non possono far visita agli anziani genitori oltre confine La norma li obbligherebbe a restare bloccati 15 giorni

Tempi durissimi per chi ha una persona cara al di là della frontiera. Non importa se oltre il confine c’è un genitore anziano bisognoso d’assistenza: salvo pochissime eccezioni, tutte di natura economica o lavorativa, le regole stringenti fissate per contenere la pandemia rendono quasi impossibile passare la frontiera italiana. E, quando la norma consente l’eccezione, c’è comunque la quarantena obbligatoria.

E non c’è fase due che tenga: anzi, secondo le testimonianze di alcuni nostri lettori, la situazione sembra essere peggiorata negli ultimi giorni.

Rimandati indietro

Per esempio, Mauro Labate risiede a Balerna e da oltre un mese, per ragioni di assistenza sanitaria, ogni domenica si recava dai genitori a San Fermo. L’ha sempre fatto, esibendo il certificato di ricovero domiciliare dell’ospedale e l’auto certificazione. Dall’altro ieri, però, pare non essere più sufficiente. Un colpo inaspettato: «Mi hanno detto – racconta a La Provincia - che l’unico motivo per cui è permesso il passaggio della frontiera è quello lavorativo, e qualsiasi altra motivazione di salute o assistenza richiede un periodo di quarantena di almeno quindici giorni in Italia prima del rientro. La signora davanti a me doveva seguire la sorella e accompagnarla all’ospedale per il ricovero per un’operazione al cervello, anche lei munita di certificato del Sant’Anna. È stata mandata indietro. L’unica proposta che le è stata fatta è rimanere quindici giorni in Italia in quarantena, cosa per lei impossibile, poiché ha i figli a casa da seguire».

Un’altra lettrice sottolinea come domenica, alla dogana di Ponte Chiasso, lei e altri italiani residenti in Canton Ticino, muniti di certificato medico e autocertificazione per assistere genitori residenti nei comuni limitrofi, si siano sentiti dire per la prima volta dalla dogana italiana che, per venire nella nostra provincia, l’unico modo fosse scontare un periodo di quarantena in Italia. Una scoperta inaspettata e inconciliabile per chi ha famiglia e lavoro in Ticino.

Guardando le norme, il problema non si pone dal lato rosso crociato: benché le autorità federali abbiano fortemente sconsigliato l’uscita dal Paese, soprattutto all’apice della pandemia, i residenti possono rientrare quando vogliono e senza particolari formalità. Viceversa, da ieri, per gli italiani con legami in Svizzera, sono consentiti i ricongiungimenti famigliari (coniuge, figli e genitori stranieri di cittadini residenti). Invece, per quanto riguarda il nostro confine, in linea di massima non è consentito l’ingresso nel Paese: anche i cittadini italiani e gli stranieri residenti possono farlo solo in caso di “urgenza assoluta”, come l’assistenza sanitaria. In questo caso, però, vige l’obbligo di denuncia all’Ats e l’autoisolamento fiduciario a casa per un periodo di 14 giorni, come prescrive l’articolo 1 del decreto del 26 aprile. Sono escluse da queste misure i lavoratori transfrontalieri, il personale sanitario e gli equipaggi per il trasporto di passeggeri e merci. È bene però sottolineare come questa norma sia attiva dal 28 marzo, quindi non si è verificato nessun inasprimento negli ultimi giorni. La domanda di tanti nella condizione dei nostri lettori è: perché ora non viene permesso, pur certificandone i motivi, di prestare assistenza ai propri cari? E come fare per i prossimi mesi?

La speranza

La speranza è in un emendamento al dpcm, pensato ad hoc proprio per i familiari residenti all’estero. Oppure, si confida in un allentamento in arrivo col prossimo decreto, previsto per il 18 maggio. Altrimenti, per molti la scelta sarà fra lasciare soli i genitori o perdere il lavoro.n 

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