Regole sui dehors, gestori preoccupati. «A rischio anche i posti di lavoro»

Il caso Dure reazioni dai titolari dei locali per il Regolamento che norma le concessioni esterne. De Ascentis e Viganò: «Costretti a tagliare i dipendenti». Donnarumma: «L’identità va lasciata»

Posti di lavoro a rischio, preoccupazione per la tenuta delle attività e molte perplessità sull’indicazione addirittura del numero Ral del bianco per gli ombrelloni o per l’obbligo di mettere le tovaglie in tinta unita. Il nuovo Regolamento che norma le concessioni esterne sta creando malumori e arrabbiature tra i locali cittadini che, pur riconoscendo la necessità di mettere ordine su alcuni aspetti, parlano di provvedimenti drastici, eccessivi ed esagerati. C’è chi lo fa pubblicamente e chi, invece, non si espone. Ma il pensiero è univoco.

Le opinioni

«È evidente che se mi riducono i tavoli all’esterno - racconta Davide De Ascentis, titolare del “Krudo” di piazza Volta - dovrò lasciare a casa dipendenti. Si sarebbe potuto ragionare su progetti per dare uniformità alle singole piazze, ma pensare di omologare tutti i locali della città con gli stessi colori e gli stessi arredi mi pare eccessivo. Il bello, come si vede anche all’estero, è la diversità e mantenere la tipicità dei singoli esercizi. Approfondiremo le norme con l’associazione di categoria».

Delle sue tovaglie a scacchi bianche e rosse ne ha fatto un marchio di riconoscibilità, ma dovrà cambiarle tutte perché il regolamento boccia il modello “trattoria di una volta” e ammette solo la tinta unita. Agostino Donnarumma, che ha l’omonima pizzeria napoletana in via Garibaldi usa l’ironia: «Non ce l’ho con nessuno e che il Comune metta un po’ di ordine ci può anche stare, ma per quanto riguarda l’identità dei locali va lasciata stare. Io ho una pizzeria napoletana ed è assurdo che non potrò mettere le tovaglie bianche e rosse o un piccolo Pulcinella. Come si fa a mettere ordine sull’identità dei locali? Un pub non può essere un ristorante di pesce, una pizzeria d’asporto non è un ristorante tradizionale o uno di pasta. Mi sembra tutto un po’ esagerato».

Marco Viganò, titolare del bar “La Quinta” di piazza Perretta, riceverà una stangata doppia: in base al nuovo regolamento edilizio dovrà eliminare la struttura fissa all’esterno e secondo invece quello per le concessioni di suolo pubblico dovrà togliere i tavolini dai porticati e, comunque, li vedrà ridotti. «La preoccupazione – spiega – è fortissima. Dovrò togliere la struttura da 40 posti a sedere che è lì dal 1986 e che non può essere smontata e rimontata ogni sei mesi e ora si aggiunge anche la parte dei portici. Se riducono gli spazi dovremo tagliare i dipendenti e lo dico con immenso dispiacere perché lavoriamo da vent’anni e abbiamo personale che è con noi da 15. Abbiamo sempre rispettato tutte le norme, anche con la distanza sotto i portici e adesso addirittura arriviamo a definire la tipologia delle tovaglie».

Locali storici

Spostandosi in altre zone tra i locali storici la musica non cambia, e non è certo quella natalizia. «Dimezzare i tavolini vuol dire portare a un forte calo del fatturato – dice Francesco Tortora, titolare della pasticceria “Aida” di piazza San Fedele – e da aprile a ottobre a Como si fattura solo fuori. Avere la metà dei tavoli vuol dire mettere a rischio le attività e per questo c’è grande preoccupazione». Infine sulla stretta relativa agli arredi dice: «Ho cambiato i teli l’anno scorso, spesa di migliaia di euro. E se non è il Ral del regolamento?». Allarga le braccia anche Lorenzo Castellani, titolare del “Touring” di piazza Cavour: «Che ci voglia un equilibrio siamo tutti d’accordo, in piazza Cavour con gli spazi che ci sono daremmo fastidio a non esserci. Mettersi alla scrivania è una cosa, mettere il grembiule alle 7 tenerlo per 15 ore di lavoro è un’altra». E chiude: «Le norme sui colori poi sono esagerate. Si spersonalizzano i luoghi e si toglie il carattere ai locali».

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