Rette per Alzheimer, l’allarme delle Rsa: «Costi insostenibili»

Il caso Aumentano le richieste di esenzione e rimborso dopo i primi pronunciamenti favorevoli dei tribunali: «Milioni di euro, il sistema non è in grado di reggere»

Le Rsa sono preoccupate, sempre più famiglie si rivolgono all’avvocato per non pagare le rette.

Le ultime recenti sentenze, dalla Corte d’Appello alla Cassazione passando per il Consiglio di Stato, secondo diversi studi legali spianano la strada alle richieste di rimborso ed esenzione da parte delle famiglie. Per i giudici le spese per i ricoveri di pazienti molto compromessi nelle Rsa devono essere a carico del sistema sanitario, senza intaccare le pensioni e i risparmi dei parenti degli ospiti.

«Il principio è chiaro»

Molti casi di ospiti con Alzheimer o in condizioni davvero critiche stanno avendo ragione, laddove i bisogno di cura superano le esigenze dettate dal semplice ricovero la retta non è dovuta. «Il principio è chiaro: quando la prestazione ha un alto impatto sanitario, anche le funzioni alberghiere devono essere a carico del servizio sanitario nazionale – spiega Bruno Borin, comasco, responsabile del network legale Consulcesi & Partners con studio a Balerna -. Le famiglie non devono pagare, e chi ha già sostenuto spese può chiedere il rimborso, anche se il proprio caro non è più in vita».

Così però si crea una disparità, chi paga l’avvocato può sperare di avere ragione, gli altri invece continuano a saldare in media 2.500 euro di retta al mese dalle proprie tasche. Non che il percorso sia facile, cause e ricorsi in tribunale impiegano anni. Occorre passare dai periti per valutare le condizioni di salute dei singoli ospiti, che spesso cambiano in peggio, è complicato procedere caso per caso. Quanto al conto economico, il cero resta nelle mani delle Rsa, che tramite sistema sanitario e Regioni ricevono anno per anno un determinato budget, che poi non possono sforare restituendo somme ingenti alle famiglie.

«Il servizio così salta, non può stare in piedi – dice Mario Sesana, segretario provinciale di Uneba, sigla che rappresenta le Rsa non profit del Comasco –. Gli ospiti in condizioni molto compromesse sono tantissimi, non abbiamo le risorse, nemmeno come sistema pubblico, per pagare tutte le rette. Sono milioni e milioni di euro». In provincia di Como le Rsa offrono 224 posti letto per i casi Alzheimer, i più delicati, la patologia quasi sempre al centro dei ricorsi in tribunale. Se tutti gli ospiti vedessero coperta la retta oggi sulle spalle delle famiglie, circa 2.500 in media, vorrebbe dire un esborso per il pubblico pari a 560mila euro al mese, 6,7 milioni l’anno. Riconosciuto il diritto più in generale bisogna pensare che nel Comasco 11.347 anziani sono interessati da una diagnosi di Alzheimer, una retta in una Rsa per loro varrebbe 29 milioni di euro al mese. Tanto più che altri 9.600 anziani comaschi hanno una diagnosi nelle fasi soltanto iniziali.

Non solo Alzheimer

«Le sentenze fino ad ora inoltre non si limitano ai soli malati Alzheimer – dice Sesana – ma a tutti gli ospiti fortemente compromessi. La platea potrebbe essere ancora più ampia. Serve una legge che faccia chiarezza». È vero che molte famiglie, con malati così gravi, impossibilitate a gestire a casa i parenti, finiscono per indebitarsi pur di trovare un posto in una Rsa. I sindacati sul punto hanno sempre chiesto un maggiore sforzo pubblico, anche ad esempio per aumentare la dotazione di posti letto.

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