Riforma Nordio, cosa cambia per la giustizia. La parola al procuratore: «Sarà più difficile colpire reati e abusi»

Intervista Massimo Astori, procuratore di Como facente funzioni: «Con le modifiche proposte dal ministro problemi per i piccoli Tribunali»

«Tutte le riforme della giustizia si pongono l’obiettivo di accorciare i tempi del processo, ma in realtà le soluzioni adottate sono sempre le stesse: rendere più difficoltosa l’azione dei pubblici ministeri, limitare l’area della punibilità degli abusi di potere, depotenziare lo strumento delle intercettazioni, limitare il contenuto dell’informazione. E il disegno di legge Nordio non fa differenza».

Massimo Astori, da otto mesi, è il capo facente funzione della Procura di Como. Solitamente restio a rilasciare interviste, fa un’eccezione per commentare i contenuti della cosiddetta riforma Nordio, presentata al consiglio dei ministri un paio di settimane fa.

L’ultima riforma della giustizia è datata ottobre 2022. Davvero c’è bisogno di altri ritocchi urgenti ai Codici?

Sono entrato in magistratura nel 1988 quasi contemporaneamente al debutto del nuovo codice di procedura, per tutti una “rivoluzione epocale”. Da allora non ricordo un periodo in cui fosse assente il dibattito sulla riforma della giustizia. Pare strano che vi sia stata una catena di errori e di scelte sbagliate tale da imporre continue modifiche. Di certo rimangono gli enormi problemi organizzativi, strutturali e interpretativi che rallentano l’attività giudiziaria.

Quasi sono i temi principali della riforma proposta dal ministro Nordio?

I temi sono ricorrenti, oggi come nel passato: intercettazioni, responsabilità penale dei pubblici funzionari e custodia cautelare. E le soluzioni proposte depotenziano l’azione di contrasto all’illegalità e non accorciano i tempi del processo, anzi li allungano.

Cominciamo dall’abuso d’ufficio: giusto abrogarlo?

Si è detto che è un reato inutile, evanescente, che “intasa” i tribunali. Non è vero. Nel nostro codice c’erano due reati che intendevano sbarrare la strada alle condotte dei pubblici funzionari che piegavano i loro poteri a interessi estranei a quelli pubblici: l’interesse privato in atti d’ufficio e l’abuso d’ufficio. Si è abrogato il primo sostenendo che sarebbe bastato il secondo. Ora sparisce anche il secondo, con il risultato di ampliare l’area di non punibilità di una fetta di abusi dei pubblici funzionari.

Facciamo un esempio di inchiesta comasca che finirebbe in niente, con l’abrogazione dell’abuso d’ufficio?

Nei prossimi mesi dovrebbe prendere avvio il processo contro l’ex direttore della Motorizzazione, già pesantemente condannato per corruzione e alti reati, che svolgeva e concludeva decine di esami per patente in pochi minuti violando le leggi che disciplinano la durata e la modalità delle prove a garanzia della serietà della valutazione. Tutte le contestazioni di abuso d’ufficio spariranno.

Altro tema, le intercettazioni...

La riforma del 2018 aveva trovato un equilibrio tra esigenze investigative e tutela della riservatezza. È una disciplina molto restrittiva, completa per quanto riguarda gli aspetti procedurali.La riforma Nordio amplia i divieti di pubblicazione del contenuto delle intercettazioni. Non esiste, a mio avviso, un’equazione per cui tutto ciò che emerge in una indagine ma non è di rilevanza penale è di per sé destinato al segreto. Specie nelle indagini di rilevanza pubblica. Ne va del concetto di democrazia, di libera informazione, di possibilità per i cittadini di conoscere .

E gli abusi sul tema?

Vanno colpiti e la privacy va tutelata senza riserve, ma l’informazione reclama i suo diritti.

Il ministro vorrebbe poi che le misure cautelari vengano decise non più da uno, ma da tre giudici. Cosa accadrebbe in realtà come quella di Como?

Si tenga presente che il giudice che decide sulla misura diventa automaticamente incompatibile per la fase dell’udienza preliminare. Ciò significa che ad ogni misura tre giudici non potranno svolgere le fasi successive dell’udienza preliminare e della decisione sul rinvio a giudizio. Negli uffici piccoli e medi sarà la paralisi. Attualmente al Tribunale di Como, in grave carenza di organico, sono in servizio solo tre Gip sui cinque previsti. Dovranno essere loro a decidere di tutte le richieste di misure cautelari in carcere per quei reati per cui è prevista la collegialità, quindi si dovranno applicare altri giudici, della sezione penale o addirittura della sezione civile per le udienze preliminari.

Ma davvero tre giudici sono una garanzia maggiore?

La pretesa maggior ponderazione dell’organo collegiale nella fase cautelare è una banalità, agli eventuali errori rimedia in pochi giorni il Tribunale del Riesame. Tutto ciò rallenterà ulteriormente il procedimento in una fase, quella cautelare, in cui occorre rapidità e atti a sorpresa. A tal proposito appare davvero senza senso la previsione che obbliga il giudice ad interrogare “preventivamente” l’indagato prima della emissione della misura e non immediatamente dopo.

Peraltro, qui si forma un paradosso: perché in casi di reati “da strada” di piccola criminalità lo stesso ministro ha previsto l’arresto senza querela e in attesa che il privato decida entro 48 ore se farla, mentre per i grandi reati economici si dovranno aspettare tre giudici e, prima della misura, anche interrogare gli indagati. Non pare uno squilibrio poco garantista?

Infine , non potrete più proporre appello per reati con pene inferiori ai 4 anni di reclusione...

Su questo c’è poco da dire: è una previsione marchiata da anticostituzionalità.

Insomma, bocciatura su tutta la linea?

Se leggiamo le modifiche unitariamente la risposta alla domanda “a cosa serve un’altra riforma della giustizia?” è piuttosto chiara: a rendere più difficile l’accertamento dei reati, a rallentare e limitare il contrasto all’illegalità, e ad allargare l’impunità per i pubblici ufficiali che abusano dei loro poteri.

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