«Riti voodoo per farmi prostituire». Chiesti dieci anni, viene assolta

Il processo Donna nigeriana residente nel Comasco giudicata non colpevole. Era stata accusata da una ventenne di riduzione in schiavitù

Aveva dichiarato di essere stata ridotta in schiavitù ad appena 20 anni, tenuta sotto il giogo dei riti Voodoo, molto temuti da lei che era nigeriana. Aveva raccontato che per compiere questi riti le avevano prelevato ciocche di capelli e le avevano fatto bere del sangue animale. Accuse che la giovane aveva rivolto contro una connazionale che abita a Como, Salome Salomon, 35 anni, finita nei guai con una serie di ipotesi di reato pesantissime che parlavano di «riduzione e mantenimento in schiavitù», tratta di persone (aggravato «da fatti diretti allo sfruttamento della prostituzione») e pure di interruzione di gravidanza non consensuale. Attività di prostituzione che si sarebbe svolta tra la periferia di Como e un appartamento di Ponte San Pietro (Bergamo) che l’indagata aveva preso in affitto.

La sentenza

Sembrava un racconto ai limiti dell’incredibile, ed effettivamente per i giudici lo era. Perché ieri mattina, al termine di un processo che si è tenuto di fronte alla Corte d’Assise di Bergamo, l’imputata che da anni vive a Como è stata assolta perché il fatto non sussiste, dopo che l’accusa aveva chiesto una pena a 10 anni. Invece è stata accolta la richiesta degli avvocati della difesa, Alessandro Borghi e Selene Marsiglia.

Le motivazioni non sono note. È possibile che le accuse fatte dalla giovane nigeriana contro la connazionale non siano state ritenute credibili, anche perché mai confermate in aula nonostante diversi tentativi di farla testimoniare. Il processo, infatti, è durato molto, proprio in seguito alla necessità di far sentire la giovane nel frattempo scomparsa dalla Baviera dove si era rifugiata chiedendo protezione proprio in seguito ai fatti avvenuti in Italia. La ventiquattrenne era poi stata intercettata di nuovo in Nigeria, tornata nel punto dove sarebbe iniziata la presunta tratta di esseri umani, quindi evidentemente non spaventata da quello che avrebbe potuto accadergli.

L’indagine

Ad indagare su questa storia era stata la Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia che aveva messo nel mirino una presunta tratta di persone dall’Africa al Comasco e alla Bergamasca. Alla base delle accuse c’era però il racconto della ventenne che riferiva di come, approfittando della sua situazione di vulnerabilità, la connazionale l’avesse fatta arrivare in Italia per sfruttarla.

La giovane disse di essere passata dal deserto, dalla Libia, poi di aver attraversato il Mediterraneo per arrivare infine in Calabria e in Lombardia. Qui, con l’inganno e sotto la minaccia di riti Voodoo, disse di essere stata costretta per anni (tra il 2011 e il 2015) alla prostituzione che praticava sia in strada a Como, sia in una casa della provincia di Bergamo.

Accuse infondate, è stato sentenziato ieri. Senza che tra l’altro la presunta vittima abbia mai fatto nulla per sostenerle in aula.

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