Sant’Anna, che sfacelo. Parla l’ex primario: «Ora il cambio al vertice»

L’intervista Antonio Paddeu, ex primario di Riabilitazione polmonare: «Sempre più difficile il dialogo tra medici e amministratori»

Poca libertà, paura di parlare, impoverimento di servizi e professionalità e l’auspicio di un “azzeramento” dei vertici della sanità succubi della politica a favore di una nuova dirigenza più affezionata al territorio.

Critiche pesantissime quelle di Antonio Paddeu, già primario della Riabilitazione Cardiorespiratoria al Sant’Anna e oggi, pensionato, promotore di un gruppo, gli Amici del Sant’Anna, al quale aderiscono diversi medici pensionati, ex primari, specialisti di lungo corso rimasti affezionati all’ospedale di Como.

Un gruppo nato per mettersi a disposizione del Sant’Anna, ma diventato anche una sorta di cenacolo in cui si parla, amaramente, di dove sta andando la sanità comasca.

Dottore, la sanità sta cambiando. La vostra non sarà soltanto una questione di nostalgia?

No, anzi, vogliamo essere propositivi, intendiamo essere d’aiuto. Alcuni di noi si sono offerti da esterni di coprire turni e visite tramite libera professione.

Cosa vi raccontano i medici in servizio?

Purtroppo è diventato complicato il dialogo tra i medici e gli amministratori, quei dirigenti nominati dalla politica che guidano l’ospedale. E’ più difficile avanzare progetti, molti sanitari hanno paura di parlare.

E perché?

Non ne ho idea, non dovrebbe essere così.

Pressioni?

Ci sono sempre state nella sanità, oggi però c’è meno libertà di allora. Di sicuro scontiamo ancora una sudditanza con Varese. C’è ingerenza, l’ospedale di Como non è retto dai comaschi.

Invece una volta?

Da tempo Como è poco autonoma, ma allora c’era maggiore libertà, i primari e gli specialisti potevano e riuscivano ad avanzare più idee.

Ma i problemi, poi, nel concreto, quali sono?

I veri guai sono iniziati con il trasferimento al Sant’Anna nuovo, ormai quindici anni fa. Il vecchio ospedale aveva un’anima, era una famiglia, il clima era sereno e tranquillo. In provincia c’era il gruppo di Mariano Comense, quello di Menaggio, il panorama era più ricco. Nel nuovo ospedale ora purtroppo si respira tensione, i rapporti sono diventati aziendali. Ma soprattutto in via Napoleona c’erano 1.100 letti nei reparti, nel nuovo circa 550, più o meno la metà. Un tempo il paziente in Pronto soccorso era sicuro di avere un letto a disposizione. Oggi invece per essere ricoverata la gente aspetta ore, a volte giorni. Il nuovo Sant’Anna è nato piccolo, è nato male.

E le esigenze della moderna medicina?

Va bene, ma al nuovo ospedale manca anche un’identità. Oltre che una chiara programmazione.

Ovvero?

Un ospedale deve decidere cosa fare, su quali specialità puntare, quali reparti e quali prestazioni offrire. Ad ogni nuova direzione invece cambia sempre la rotta.

Ci sono meno servizi?

Solo poco tempo fa si sono dimessi in massa gli ortopedici, a Cantù come a Como. Il centro trasfusionale è ormai sguarnito, mancano psichiatri, medici di emergenza-urgenza, del mio reparto resta poco. Ci sono prestazioni che se non fosse per qualche operatore andrebbero a morire.

Comunque questi reparti ci sono ancora...

Sì, ma bisogna pensare che una volta la Chirurgia solo a Como, per fare esempio, aveva due sezioni e tre reparti di medicina, due di ortopedia, le possibilità si sono molto ridotte.

Ma la carenza di sanitari interessa mezza Italia o solo Como?

Va bene, non è da oggi, ma è da tempo comunque che abbiamo perso decine e decine di bravi professionisti, da anni l’ospedale Sant’Anna registra una dolorosa fuoriuscita. In 42 anni di servizio non ho mai visto tanta disaffezione. C’è sofferenza.

Forse non sarà facile cambiare passo?

Certo, ma per esempio, per sopperire alla mancanza di infermieri si parla da anni di allestire degli alloggi per questi professionisti in città a canone calmierato, un convitto come c’era qualche decennio fa. Tra il San Martino, l’ex Sant’Anna, l’Aler, l’Ats Insubria, ancora non si sono fatti passi avanti.

E voi cosa pensate di poter fare?

Offriamo il nostro contributo, possiamo riunire le energie come un comitato di vecchi saggi.

Già con la precedente direzione non si era proposto per restare in servizio?

Mi era stato risposto che non era possibile per legge. Oggi invece con la libera professione lo fanno in molti.

Sarà questo il problema?

No, il problema è che Como ha perso appeal, la sanità comasca un tempo era più attrattiva. Ci lavorano ancora tanti grandi professionisti, ma hanno meno margine di manovra.

A proposito del vecchio Sant’Anna, ha visto i 300 letti accatastati?

E’ un pessimo segnale per Como. Vedere l’ex pediatria usata come magazzino per materiale non a norma in disuso da anni mi fa stringere il cuore. Comprati con poca accortezza durante il Covid speriamo vengano donati davvero all’Ucraina.

Tornando ad oggi: che cosa servirebbe ai medici del nuovo Sant’Anna?

Più spazio e una guida che abbia più attenzione e interesse per questo territorio.

Si augura un rimpasto dei vertici della sanità lombarda?

Se ne parla da qualche mese. A mio avviso è necessario azzerare l’attuale dirigenza. Io mi auguro che Como possa avere dei vertici davvero affezionati alla città e al suo principale ospedale.

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