Scuole e nidi chiusi, famiglie in tilt
«Chi lavora dove lascia i bambini?»

I comaschi e le nuove misure anti Covid: «Potevano trovare altre soluzioni, è durissima»

«A chi lasciamo i nostri figli?». È la domanda che si stanno facendo parecchi genitori comaschi, dopo la chiusura delle scuole. Da domani, la situazione diventerà ancora più complicata, con la sospensione dei servizi in presenza dei nidi causa zona rossa.

Per i figli dei lavoratori del comparto sanitario, sotto pressione da un anno e con la terza ondata in arrivo (in particolare sul nostro territorio), non è stata prevista nessuna deroga, com’era stato invece dichiarato a inizio settimana, creando non poche difficoltà alle famiglie.

Disagi a non finire

«La chiusura della materna e poi del nido ci ha colto alla sprovvista – conferma Cristina Anzani, infermiera con due figli – le varianti ora colpiscono in maggior numero anche i più piccoli, a questo proposito trovo però assurdo che, negli ultimi giorni, mia figlia di 4 anni abbia visto più persone di quante ne avrebbe viste in un periodo qualunque, anche senza pandemia». Quindi, mentre i genitori lavoravano, la figlia grande è stata accudita, ogni giorno, da una persona diversa. «Mi chiedo – continua - non era meglio continuare a consentire le lezioni in presenza, sempre nella stessa classe, sempre con le stesse persone? In questo modo, sarebbe anche più semplice il tracciamento dei contagi». D

iventa sempre più complicato, quindi, conciliare la gestione dei figli e i turni di lavoro. «Nel nostro caso, purtroppo, le famiglie non ci possono aiutare – aggiunge Anzani - e abbiamo sempre contato sulla scuola». Peraltro, per diversi genitori diventa complicato pagare la babysitter, sempre sperando di trovarla, dopo aver già saldato le rette del nido o della materna.

Tanta rabbia

A questo proposito, l’approvazione del decreto sostegni è slittato a settimana prossima. Per alcune categorie, fra cui i sanitari e le forze dell’ordine, dovrebbe essere garantito un bonus per le baby sitter (fino a 100 euro la settimana), alternativo però al congedo parentale. Stando a quanto detto dal presidente della Lombardia Attilio Fontana, la proposta di consentire la scuola in presenza ai figli di medici e infermieri non è stata accolta dal Consiglio dei ministri.

«Sia io sia mia moglie – aggiunge Vincenzo Caserta, infermiere – lavoriamo nel comparto sanitario. Fino a quando la provincia era in zona arancione, le scuole erano aperte e noi non abbiamo avuto nessun problema. Poi, sono cominciate le difficoltà, che riguardano tantissimi colleghi: da una parte, lo Stato ti aiuta a metà, e dall’altra ti condanna». I congedi parentali saranno infatti retribuiti al 50% sotto i 14 anni.

«Questa settimana, io e mia moglie abbiamo usato le ferie e sfruttato le ore recuperate – conclude Caserta – Ma nei prossimi giorni a chi lascio i miei figli? A una persona mai vista prima e che non conosco? In classe, frequentavano sempre le stesse persone. I bambini erano sicuri a scuola».

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