Scuole senza aule: «Il Comune dia spazi
per le superiori»

Istruzione Non regge il rapporto studenti-metri quadri. La proposta di Musso, ex funzionario a Villa Saporiti: «Il sindaco ceda alla Provincia i plessi che vuol chiudere

Le scuole superiori in città hanno bisogno di spazi. E spunta una proposta: la Provincia potrebbe chiedere in prestito al Comune i plessi che Palazzo Cernezzi intende chiudere.

Come abbiamo raccontato in questi giorni, da qualche anno alcuni istituti, licei e tecnici in particolare, soffrono la carenza di aule, con una conseguente forte concentrazione di alunni nelle classi. Al Setificio otto sezioni sono costrette a ruotare nei laboratori, il Caio Plinio deve correre ai ripari per sistemare le aule più disastrate, il Ciceri, respinte settanta iscrizioni, per far lezione ha sacrificato l’aula magna e lo stanzino delle fotocopie. Solo lo scorso anno per ragioni di metri quadrati il Giovio aveva riorientato i ragazzi bocciati in prima al linguistico. Il tutto in una città che calamita 9.600 studenti da tutta la provincia.

Secondo Elio Musso, architetto, per decenni responsabile dell’edilizia che fa capo all’ente provinciale, l’unica soluzione è mettere allo stesso tavolo la Provincia e il Comune. «Prima della pandemia abbiamo fatto una ricognizione in centro città, per trovare spazi aggiuntivi – dice Musso – ma non abbiamo individuato possibili edifici pubblici da sfruttare come succursali. Servono immobili adatti, non basta un qualsiasi stabile. All’epoca si era deciso di ampliare le scuole che potevano con più facilità essere ampliate, in ragione di un aumento delle iscrizioni. Mi viene in mente il Giovio, in provincia Terragni e Monnet».

Ipotesi prestito

Le scuole materne e elementari di competenza comunale scontano un lento calo demografico. Tanto che il sindaco Alessandro Rapinese intende chiudere dall’anno successivo alcuni plessi sotto utilizzati e concentrare le energie sulle scuole più popolate. Invece per i prossimi cinque anni circa, stando alle previsioni della stessa Provincia, negli istituti superiori non dovrebbero diminuire gli alunni in maniera sensibile.

«Il Comune potrebbe prestare le scuole che intende chiudere alla Provincia – suggerisce Musso – così da creare degli sfoghi. Trasformare una scuola elementare in una superiore non è impossibile, più difficile riadattare edifici destinati ad altro uso. Certo la scuola in questione non può essere troppo lontana, le succursali devono essere ragionevolmente vicine alla sede centrale. Per riuscirci però Palazzo Cernezzi e Villa Saporiti devono sedersi allo stesso tavolo».

Nel quartiere di Como Borghi, per fare un esempio, ci sono scuole con pochi iscritti come la Virgilio non troppo lontane da istituti sovraffollati come il Setificio. L’alternativa è ridistribuire gli spazi esistenti tra le diverse scuole superiori. Come si evince dalla tabella che riportiamo in questa pagina, ci sono istituti con meno metri quadrati e tanti studenti, su tutti il Caio Plinio. Altri, come il Pessina e la DaVinci-Ripamonti, hanno meno iscritti e più aule, comprese diverse succursali.

L’attacco di Spallino: «Strutture sovraffollate e fatiscenti»

Sul tema ieri sui social è intervenuto anche l’ex assessore all’Urbanistica Lorenzo Spallino: che ha attaccato il presidente della Provincia Fiorenzo Bongiasca per le dichiarazioni rilasciate nelle ultime ore: «L’ente provinciale responsabile del patrimonio scolastico comasco - scrive Spallino - non ha nessuna intenzione di intervenire sulle strutture esistenti sovraffollate e spesso fatiscenti. Secondo Bongiasca l’unica è attendere il calo demografico e quindi della popolazione scolastica, atteso però dal 2027. Un’affermazione del genere avrebbe provocato, in tempi nemmeno troppo lontani, la richiesta di dimissioni. Oggi la cosa passa inosservata perché, diciamolo, una popolazione tra le più anziane e ricche d’Italia ha altre preoccupazioni. A cosa serve ricordare che l’attrattività delle città passa dai servizi pubblici? Che se non crescono le città muoiono?».

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