Cronaca / Como città
Mercoledì 29 Ottobre 2025
Sempre più minori con i coltelli: già 14 casi a Como
Violenza in città Sono in aumento le denunce alla Questura di ragazzini sorpresi con armi da taglio. L’educatore: «La lama spesso ha quasi valenza estetica, mancano i riferimenti e li cercano in un gruppo»
Como
Sono sempre più numerosi i casi di minori denunciati per il porto di oggetti atti ad offendere, nello specifico coltelli. Da gennaio di quest’anno le segnalazioni alla Questura sono state 67, 14 delle quali riguardano ragazzi minorenni, l’anno scorso nello stesso periodo erano state 54 e in tutto l’anno 10 le denunce a carico di minori.
Un fenomeno in crescita non solo a Como, ma che qui nell’ultimo weekend ha avuto una plateale dimostrazione con la duplice aggressione in pieno giorno sulla passeggiata di Villa Olmo e in piazza Volta, con due feriti lievi e due arrestati, uno dei quali minorenne. Come minorenni, e spesso alla messa in prova dopo reati simili, sono i ragazzi di cui si occupa la comunità “L’Annunciata” della Fondazione Somaschi, in viale Varese. Un osservatorio privilegiato sulle dinamiche che plasmano la comunità dei giovanissimi quando è marginalizzata. «Qualsiasi cosa si dica su questo tema rischia di essere ideologico o superficiale - anticipa il direttore Saverio Meroni - Quello che mi sento di dire è che è un fenomeno legato alla povertà, non solo quella economica ma quella di risorse culturali, delle funzioni genitoriali, dei legami».
Non solo immigrati
E anche se le statistiche attribuiscono soprattutto agli immigrati questo genere di reati, spesso sono coinvolti anche ragazzi italiani. «Perché il problema è la mancanza di cura, laddove abbiamo risorse per lavorare con i minori a progetti di studio o di lavoro o di interazione viene meno la necessità di imboccare vie poco legali».
Posa estetica
Il coltello sembra essere il nuovo elemento identitario di queste generazioni di ragazzi ai margini: «Nel momento in cui crei un clima di violenza e hai pochi strumenti per difenderti cerchi di proteggerti, prendi qualcosa che ti faccia sentire più tranquillo. Ma a volte per gli adolescenti il coltello diventa una posa estetica, è il segno di appartenenza a una famiglia sociale che ha precisi codici. Se non hai una famiglia te ne crei una, in questo caso antisociale, che ha linguaggi suoi». Più che attitudine a delinquere, secondo Meroni, c’è l’impulsività tipica dell’età: «C’è un parte emotiva preponderante, poco capace di sottomettersi alla testa, ma in genere le gesta criminali di questi ragazzi non sono premeditate, sono figlie della contingenza».
Meroni vede quotidianamente questi meccanismi specchiarsi nei suoi ragazzi: «Il fenomeno dei maranza, dei bad boys, li affascina: questo mondo un po’ torbido che ha la sua musica, il suo modo di vestire, propone uno stile di vita che in qualche modo li rappresenta. Il punto è: sono da condannare a priori o bisogna interrogarsi sulle respondabilità di noi adulti?».
Jonathan Tupputi è educatore del centro sociale “So-stare” che fa riferimento alla stessa comunità di viale Varese: «La violenza spesso in questi ragazzi non viene problematizzata o riconosciuta, non si rendono conto del tutto di quello che fanno. Spesso ci lascia sconcertati la mancanza di un motivo reale, di un bisogno vero, magari vogliono una nuova felpa e si ritrovano a fare una rapina. Il coltello? È un modo per essere più minacciosi, anche se spesso questi ragazzi non sono aggressivi o oppositivi in tutti i contesti, per esempio a scuola tirano fuori anche altre caratteristiche. La sensazione è che i comportamenti negativi abbiano sempre a che fare con la ricerca di un’identità che passa attraverso il gruppo: ma non è la baby gang un po’ mitizzata, con una struttura criminale, sono gruppi molto fluidi. Il che ci porta a una preoccupazione e a una speranza: la prima è che chiunque può diventare violento, la seconda è che per tutti c’è una speranza di recupero».
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