
(Foto di archivio)
Como Ai domiciliari un radiologo che per anni aveva lavorato al Sant’Anna. Per l’accusa ha collaborato con un imprenditore simulando di dover realizzare spot pubblicitari
L’accusa, pesantissima, è di violenza sessuale di gruppo ai danni di due ragazze, una della provincia di Bergamo e una di quella di Torino, che con l’inganno – ovvero simulando contatti per spot promozionali per una clinica medica – erano state fatte arrivare in uno studio di Milano, in via Sforza, per le riprese. In realtà, sostengono gli inquirenti, le immagini non sarebbero servite affatto per video didattici sull’attività della clinica, bensì per finire in video hard senza che le vittime ne fossero a conoscenza. Ed in quello studio, preso in affitto ad una società estranea a tutto ma arredato proprio come se fosse un ambulatorio, le ragazze venivano palpeggiate, abusate, “colpevoli” solo di aver risposto ad annunci web per un casting.
In questa indagine torbida con molti punti ancora da chiarire, a finire coinvolto è stato un medico in pensione noto a Como per la quarantennale attività al Sant’Anna non come ginecologo – veste nella quale si presentava alle vittime – ma come radiologo. Antonio Cirla, residente in città, 71 anni, è agli arresti domiciliari in una indagine che lo vede coinvolto in concorso con Marco Possati, nato negli Stati Uniti ma residente a Venezia, 42 anni, imprenditore nel settore delle riprese cinematografiche.
Le indagini, coordinate dalla procura di Milano, sono state portate avanti dai carabinieri del Nucleo Investigativo. Le vittime – che nei mesi scorsi avevano formalizzato le denunce raccontando quello che era accaduto in quel palazzo del centro – hanno invece 24 anni e 25 anni. La prima denuncia risale al 9 giugno 2024 e fu successiva di appena due giorni a quel traumatico fatto accaduto nel palazzo di via Sforza.
La ragazza, ancora sconvolta, raccontò di aver risposto ad un annuncio di un casting di una clinica medica on line in cui si offriva lavoro e compenso (che poi veniva effettivamente corrisposto, dai 350 ai 400 euro) per «video didattici» per promuovere l’attività della clinica. Nel palazzo, raccontano, fuori dalla porta a vetri dello studio c’era effettivamente la scritta «clinica», ma all’interno – al posto delle due donne con cui erano stati presi contatti via mail – c’erano due uomini, uno con una telecamera e un medico seduto alla scrivania, che per la procura sono appunto i due indagati. Ed è in questo ambito che sarebbero andati in scena veri e propri abusi, palpeggiamenti e molestie con la scusa di video per promuovere la salute che erano in realtà visite ginecologiche anche molto invasive e videoriprese.
La prima ragazza che fece denuncia, raccontò di essere stata trattenuta per due ore. Poi di essersi presentata 48 ore dopo – ripresasi dall’accaduto – a denunciare il tutto avviando le indagini. Inchiesta che si è poi allargata ad altre segnalazioni (sei quelle al vaglio, due già formalizzate in concorso ai due indagati) ma con una attività che gli inquirenti sospettano potesse proseguire addirittura dal 2016 con almeno 135 ragazze che avevano risposto agli annunci web anche se non tutte hanno poi raccontato di aver subito abusi.
La procura di Milano ritiene che quelle riprese servissero poi per comporre film hard compresi nelle categorie denominate “medical” o “clinical” dove vengono appunto simulate visite mediche. Secondo i carabinieri però tutto questo avveniva con l’inganno, con uno studio medico che non era uno studio medico – ma si trattava di locali in affitto e arredati appositamente – e con due figure che non erano ginecologi ma un produttore di film e un medico in pensione radiologo.
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