
(Foto di pozzoni)
Persone I contributi di tanti compagni di viaggio in un piccolo volume presentato in via Volta. «L’intento: ricordare un tempo in cui era palpabile il senso di appartenenza alla comunità»
Si dice sempre che la vita prosegue nel ricordo di chi resta, e che si renda eterna nella misura in cui chi ci sopravvive abbia ancora di noi qualcosa da riferire, da ricordare, da raccontare. Se è così - e in fondo è così - allora vuol dire che Antonio Spallino - sindaco di Como dal 1970 al 1985, avvocato, uomo politico, olimpionico di scherma e molte, molte altre cose ancora - non se n’è mai andato davvero. Anzi: ieri è proprio tornato nel suo studio di via Volta 66 nell’occasione della presentazione di un piccola pubblicazione - intitolata sinteticamente “AS” - che suo figlio Lorenzo ha pensato per quello che sarebbe stato il centesimo compleanno del padre, nato nel 1925 e scomparso nel 2017; il volumetto contiene una quarantina di contributi firmati da altrettanti amici, colleghi e compagni di viaggio, autori ciascuno di un breve ricordo concentrato in poche battute con un riguardo particolare agli anni del passaggio di Spallino dalla carriera sportiva a quella di amministratore: «L’intento - ha detto Lorenzo - non era quello di celebrare papà, che non ne ha bisogno, ma quello di ricordare un momento particolare della vita di questa città, un momento in cui era palpabile il senso di appartenenza ad una comunità, dove era convinzione trasversale che il possesso della verità non sta dalla parte delle mani levate più numerose delle altre».
La piccola presentazione di ieri, ha rilevato ancora Spallino jr, ha ricordato a qualche cinefilo il finale di Big Fish, celebre pellicola del regista Tim Burton in cui al funerale del genitore, il coprotagonista riconosce i volti reali dei personaggi delle storie di suo padre, che fin lì aveva creduto immaginari; ce n’erano tanti ieri, a partire da Ambrogio Parodi, che di Spallino sindaco fu a lungo segretario personale a Palazzo Cernezzi, a Luigia Martinelli, architetto per lunghi anni dirigente dell’edilizia e dell’urbanistica comunale, fino ad Alberto Artioli, già responsabile della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici perla Lombardia.
I loro nomi, nelle pagine di “AS” si uniscono a quelli, in rigoroso ordine alfabetico, di Franca Aiani, Giuseppe Anzani, Gisella Belgeri, Mario Bianchi, Alberto Bracchi, Gianstefano Buzzi, Federico Canobbio Codelli, Maria Castelli, Francesco Castiglioni, Luigi Cavadini, Laura Clerici, Achille Cornelio, Giuseppe Cosenza, Irma Curcio, Abele Dell’Orto, Pierluigi Della Vigna, Mario Di Salvo, Pierluigi Maria Fino, Gherardo Gajoni, Giorgio Gandola, Cesar Giobbi, Giuseppe Guin, Giuseppe Guzzetti, Pierantonio Lorini, Mario Lucini, Paolo Mantegazza, Vittorio Nessi, Paolo Maria Noseda, Darko Pandakovich, Enzo Pifferi, Pietro Pizzala, Giovanni Pontiggia, Bruno Profazio, Chiara Rostagno, Renata Soliani, Adele Suigo, Franco Tagliaferri, Tino Tajana e Giancarlo Tanzarella.
«A tutti loro abbiamo chiesto di contenere lo scritto in poche battute - ha spiegato Lorenzo Spallino -, un modo per assaporare l’essenza del messaggio e indurre alla riflessione il lettore. Perché, come scriveva Stevenson, essere ciò che siamo e diventare ciò che siamo capaci di diventare è il solo fine della vita».
© RIPRODUZIONE RISERVATA