Strage in Australia. Giovane comasca in fuga: «Il panico dopo gli spari». I video

La testimone Letizia Prete è a Sydney per un master. «Una quarantina di colpi. La gente correva ovunque». Rifugiata in un ristorante: «La scena sembrava irreale»

«All’inizio abbiamo riso, pensando a uno scherzo. Poi abbiamo visto la folla correre e abbiamo capito che era tutto vero». Letizia Prete, 25 anni, studentessa italiana di un master in criminologia e intelligence a Sydney in Australia, racconta con la voce ancora scossa la sparatoria avvenuta domenica sera a Bondi Beach, durante l’evento “Chanukah by the Sea 2025”. Un attacco definito ufficialmente un atto di terrorismo antisemita, che ha colpito al cuore la comunità ebraica di Sydney e una delle spiagge più iconiche del Paese.

Erano le 18.30 (8.30 del mattino in Italia). Bondi, di domenica, era come sempre affollata, soprattutto per la celebrazione di Hanukkah, una delle principali festività del calendario ebraico. «Io e Tess, una mia coinquilina francese, avevamo deciso di fare una passeggiata lungo la spiaggia. A un certo punto abbiamo sentito degli spari. Le ho detto: “Secondo me sono spari”. Lei ha riso, abbiamo riso entrambe. Perché non è la prima cosa che ti viene in mente».

Pochi secondi dopo, la scena è cambiata radicalmente. «Ci siamo girate e abbiamo visto le persone fuggire. In un attimo la spiaggia si è svuotata. È stato lì che è scattato il panico». Le due ragazze si sono rifugiate all’Icebergs, storico ristorante affacciato sulla spiaggia. «I lavoratori ci hanno urlato di entrare subito. Ci hanno chiusi dentro per proteggerci. Da lì vedevamo tutto: elicotteri, navi, pattuglie. Sembrava irreale».

Nel locale si sono concentrate decine di persone. «C’erano due estremi: chi cercava di rassicurare e chi era completamente nel panico. Tess piangeva, io avevo paura, ma ho cercato di restare calma per non peggiorare la situazione». A rendere tutto più angosciante, altri colpi uditi anche dopo l’arrivo della polizia. «Ad un certo punto, nel locale, tutti hanno iniziato a correre di nuovo, abbiamo pensato che l’attentatore fosse vicino».

La permanenza forzata è durata fino alle 20.30 circa. «La polizia stava ancora cercando i responsabili. Ci hanno detto che avrebbero iniziato a evacuare, ma che la zona vicina a casa nostra non era completamente sicura». Senza indicazioni precise, Letizia e Tess, hanno seguito la folla, evitando la spiaggia. «Uscire da quello che era diventato un luogo sicuro è stato un salto nel vuoto».

Solo alle 21.30 sono riuscite a rientrare nell’appartamento che condividono con altri studenti, proprio di fronte alla spiaggia. «Non vedevamo l’ora di essere a casa. Era l’unica cosa che contava».

Il bilancio dell’attacco è pesantissimo: secondo la Bbc si parla di almeno 12 morti e 29 feriti, tra cui un bambino. Due agenti di polizia sono in condizioni gravissime. Dei due attentatori, uno è morto, l’altro è ricoverato in condizioni critiche; si indaga sulla possibile presenza di un terzo uomo. La polizia ha inoltre trovato un ordigno esplosivo artigianale in un’auto collegata a uno degli aggressori. Il premier del New South Wales Chris Minns ha parlato di un attacco «mirato alla comunità ebraica», e secondo il primo ministro Anthony Albanese, «le scene a Bondi sono scioccanti e angoscianti, è un atto di malvagio antisemitismo che ha colpito il cuore della nazione».

«Sydney per me è sempre stata una città sicura. Cerco sempre di dirlo anche ai miei genitori, loro desiderano che torni a casa ma voglio restare», conclude Letizia. «Non sono ancora pronta a guardare le notizie. Quegli spari, almeno una quarantina, sembravano voler infliggere dolore a più persone possibili». Studiare criminologia, dopo aver vissuto tutto questo, assume un significato diverso: «Ho sempre avuto un forte senso di giustizia. In quel momento mi sono sentita impotente, vittima. Ma è anche la conferma del perché voglio intraprendere questa strada: per provare, un giorno, a evitare che cose così accadano ancora».

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