Tessile, l’ombra dei clan: «In giro troppe pezze i calabresi sono furiosi»

L’inchiesta I finanzieri intercettano una telefonata in cui uno dei principali accusati accenna alla criminalità. «Prima erano loro che gestivano certi passaggi a Como»

C’è un motivo se l’indagine sul presunto maxi giro di contraffazione nel tessile è stata coordinata da un pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Milano. E la ragione è che, nel corso dell’inchiesta, sono emerse intercettazioni che hanno ventilato un interesse forte di una delle più potenti famiglie della ’ndrangheta per il commercio di illegale di tessuti griffati falsi.

Alla fine riscontri di un concreto interessamento non se ne sono trovati, tant’è vero che la Procura ha chiuso l’indagine contestando “semplicemente” un’associazione a delinquere per così dire tradizionale. Ma nel corso delle indagini gli uomini del Nucleo di polizia economico finanziaria di Como sono incappati in una conversazione telefonica di questo tenore: «Ti dico una cosa. Stanno venendo fuori un po’ di casini. Qualcuno a Como ha offerto 300 pezzi a 25 pezzi per colore. Chi li faceva prima sta riprendendo e vuole beccare chi è... sono sostanzialmente calabresi, una famiglia grossa, e hanno detto che chi beccano gli fanno il c... Ovvio che loro hanno la possibilità di farglielo. Sono quelli che prima gestivano questo passaggio...».

L’intercettazione

A parlare, è Alessandro Saudella, ex ambulante che secondo la Procura milanese sarebbe il grande burattinaio della presunta associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione di marchi del lusso. Saudella è al telefono con un pensionato comasco, al quale raccomanda anche: «Con chi abbiamo a che fare fai presente di non rompere i c... a Como». Che quelli - sottinteso - sono pericolosi.

I finanzieri hanno provato a seguire la traccia della criminalità organizzata, ma senza che restasse attaccato nulla. E le ipotesi possono essere soltanto due: o Saudella ha millantato informazioni del tutto inventate, pur facendo riferimenti precisi anche al nome della famiglia di ’ndrangheta coinvolta, oppure il giro a cui ha fatto riferimento segue canali totalmente differenti che non sono stati incrociati dagli investigatori.

Le accuse

Resta il fatto che quell’intercettazione, oltre ad altri elementi acquisiti all’inizio dell’indagine, hanno spinto la Procura distrettuale antimafia ad aprire il fascicolo. Indagine che poi, come abbiamo raccontato in questi giorni, è stata chiusa senza alcun riferimento a legami o interessi di personaggi della criminalità organizzata. Anzi, praticamente tutte le persone coinvolte sono del tutto incensurate e, per quasi tutte loro, è la prima indagine penale a carico.

Anche sul fronte degli accertamenti sul coinvolgimento consapevole e partecipativo di aziende tessili comasche nulla è emerso, a parte l’accusa formalizzata alla ditta di confezioni 2C di Cappelletti Marzio e C. di Cantù, dalla cui perquisizione è stato alzato il coperchio che ha portato a identificare ben 26 indagati. Tra di loro anche due dipendenti di altrettante importanti e note società tessili che lavorano con griffe di fama mondiale: la Tessitura Scotti e la Achille Pinto. Entrambe le aziende sono di fatto risultate del tutto estranee e, anzi, sostanzialmente vittime del giro (presunto fino a prova contraria) di contraffazione. Un giro da un milione di euro l’anno.

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