Treni e stazioni: 16 reati al giorno. Furti e rapine aumentano ancora

Il caso Sono oltre 2.900 le denunce raccolte in sei mesi dalla Polizia ferroviaria, 69 a Como - Il Pd in Regione invoca contromisure: «Sulla sicurezza investiamo solo 100mila euro all’anno»

Como

Ancora furti e rapine sui treni lombardi. Secondo i dati forniti dal Compartimento della Polizia ferroviaria di Milano - competente per tutta la rete regionale - nel primo semestre di quest’anno sono stati denunciati 2.903 reati consumati tra vagoni e stazioni, pari a una media di 16 denunce al giorno. Il dato, fornito al gruppo consigliare del Pd in Regione che ne aveva fatto richiesta in occasione di un’audizione sul tema della sicurezza nell’ambito del dibattito sulla revisione delle legge regionale dei trasporti, conferma un trend di crescita già evidenziato lo scorso anno, quando il totale dei reati considerati gravi si fermò a quota 1.821.

Una sovrapposizione e un confronto diretti non sono comunque possibili, quantomeno non con i dati forniti dalla Polfer, perché i numeri disponibili in relazione al 2024 sono quelli del “Focal point security” di Trenord, piattaforma che raccoglie le segnalazioni del personale di bordo e che divide gli eventi critici tra codici bianchi, gialli e rossi, in funzione della loro gravità. In altre parole i criteri di elencazione sono diversi e non sovrapponibili.

Tuttavia, il report 2024 di Trenord dava conto di 1.821 tra codici gialli e codici rossi, mentre i furti, le rapine, le violenze contenute nel report della Polfer (si veda il grafico a fianco) sono un migliaio in più già al mese di giugno. «Che ci sia un incremento di reati sui treni è comunque fuori discussione - conferma il consigliere regionale del Pd Alfredo Simone Negri -. Del resto, al di là dei numeri della Polfer, la Regione spende ancora troppo poco per la sicurezza. Il budget è di circa 100mila euro all’anno per tutta la rete. E i conti sono presto fatti».

Il tema era già emerso lo scorso marzo, proprio in occasione della pubblicazione dei dati relativi al 2024. In quella occasione era stato un altro consigliere Pd, il comasco Angelo Orsenigo, a invocare, per esempio, l’installazione di tornelli che consentissero l’accesso alle stazioni, specie a quelle più piccole, soltanto a chi sia in possesso di un titolo di viaggio. «Per il momento non si è fatto nulla - rimarca oggi Negri - se si escludono alcuni protocolli di intesa siglati con alcuni Comuni per specifiche tratte, con criteri peraltro non sempre chiarissimi; la Regione finanzia attività di ispezione da parte delle polizie locali dei Comuni interessati, ma i limiti sono enormi. C’è un problema di budget, che non consente più di un paio d’ore di controlli due volte al mese, e c’è un problema di limiti giurisdizionali; la polizia locale non può spingersi oltre la banchina del primo binario e, naturalmente, non può salire a bordo dei treni». E allora? «Le soluzioni non sono molte: bisognerebbe spendere di più, per esempio delegando i controlli a bordo a istituti di vigilanza privati che possano integrare il servizio offerto dalla Polfer, i cui organici non consentono una copertura maggiore di quella attuale. Ma per farlo bisognerebbe mettere mano al portafogli».

A settembre il Pd tornerà a chiedere chiarimenti su un altro piccolo progetto, ancora fermo a una fase sperimentale; si tratta del progetto che prevedeva la dotazione di bodycam al personale di bordo, una forma di autodifesa. Per il momento ne hanno usufruito soltanto dieci capitreno.

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