Tribunale, lite per il Green pass. Il legale non voleva mostrarlo, ma perde la causa

Il provvedimento Archiviate le accuse contro la guarda del palazzo. Aveva chiesto a un avvocato di esibire il certificato

I giorni del Covid, dell’emergenza sanitaria, del green pass, dei controlli, non sono certo dimenticati. Come pure sono ancora nella mente le tensioni di quei mesi. Tra queste, una avvenne nel palazzo di giustizia cittadino quando un avvocato del foro di Bergamo, nell’accedere per lavoro in Tribunale, si oppose all’uomo della vigilanza che chiedeva di misurare la temperatura all’apposita macchina e di mostrare il green pass.

Il legale non ne volle sapere, tanto che fu necessario chiedere l’intervento di un uomo della polizia giudiziaria. L’avvocato sosteneva l’assenza della legittimazione della guardia giurata a verificare quanto richiesto per l’ingresso. Da quel braccio di ferro ne nacque addirittura una segnalazione da parte dell’avvocato alla Procura per chiedere di indagare sulle ipotesi di reato di violenza privata e usurpazioni di funzioni pubbliche. Vicenda terminata con l’archiviazione di tutte le accuse.

L’uomo della vigilanza del palazzo di giustizia, 62 anni, assistito dall’avvocato Livia Zanetti, ha vinto la causa di fronte al giudice Carlo Cecchetti che ha disposto l’archiviazione del fascicolo (il legale bergamasco si era opposto) accogliendo quelle che erano state anche le richieste del pubblico ministero. «La guardia mai pretese di identificare il querelante ma si limitò a chiedere di avvicinarsi al macchinario per la temperatura e di avvicinare il green pass – ha scritto il giudice nel provvedimento di archiviazione– Una richiesta che era in linea con le normative vigenti».

Nell’atto del giudice delle indagini preliminari comasche, non manca una tirata d’orecchie all’avvocato orobico: «Sarebbe stata auspicabile, viste le difficoltà di quel periodo, la piena collaborazione di ciascun membro della collettività al fine di superare le possibili difficoltà legate all’emergenza a maggior ragione da parte di coloro che cooperavano a vario titolo all’amministrazione della giustizia». Cosa che a Como, quell’11 gennaio 2022, non avvenne.

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