Uno scandalo lungo quattro anni
Oggi riprendono le cremazioni

Da questa mattina torna in funzione l’impianto del cimitero maggiore fermo dal 2016 - Svolgerà fino a un massimo di sei servizi funebri al giorno: mai più trasferte fuori città

Como

Dopo quattro lunghi anni di attesa, le agenzie di pompe funebri hanno ricevuto dal Comune la comunicazione ufficiale della riapertura del forno crematorio al cimitero maggiore, che torna in funzione oggi.

Il tema non è dei più edificanti, soprattutto in un momento come questo, ma in realtà non lo è neppure per tutto quello che c’è dietro, per questi quattro lunghi anni di inattività (l’impianto si fermò nel giugno del 2016) e per tutti i ritardi che l’amministrazione ha accumulato - per carità, sempre in “collaborazione” con qualche tribunale che fissa udienze alle calende greche - e ancora per tutto il dolore dei tanti comaschi che hanno seguito i feretri dei loro congiunti chi a Sondrio, chi a Varese, per non dire di Biella e dello scandalo delle ceneri bruciate assieme. Da oggi si riparte.

Dagli uffici tecnici fanno sapere che per il momento si potrà procedere a non più di sei cremazioni al giorno, dalle 7.30 alle 16.30, senza che per il momento sia possibile chiarire se il numero delle cremazioni, una volta a regime, potrà crescere o meno. Di sicuro la riattivazione alleggerirà la pressione sulle imprese del settore, in difficoltà - dopo l’avvio della pandemia - anche per il fatto che gli impianti di Chiasso e Lugano avessero deciso, per cause di forza maggiore, di sospendere l’erogazione del servizio a favore dei cittadini italiani.

A gestire il servizio sarà una associazione di imprese che comprende Altair di Bologna (un’azienda che gestisce servizi cimiteriali da Olbia a Civitavecchia, dal Friuli a Domodossola, passando per Parma e Piacenza), la sua collegata Sercim, la cooperativa sociale Barbara B. di Torino e la Gem Matthews di Udine, altra multinazionale leader nella tecnologica ambientale delle cremazioni.

S’è fatto, pare, più in fretta possibile, anche se dopo quattro anni sembra una battuta: la consegna dell’impianto è avvenuta “in parola”, causa mancanza di alcune certificazioni, ma d’altra parte nel documento che dispone l’attivazione del servizio è scritto che «a causa dei tempi di attesa del pronunciamento del Tar della Lombardia in seguito al ricorso proposto per l’annullamento del bando di gara da parte della società Eco Fly nel corso del 2019 non è stato possibile dare corso all’avvio del servizio» e che però la situazione contingente e «il notevole incremento dei decessi indotti dall’emergenza sanitaria in corso»,rendevano la riapertura non più rinviabile. Eco Fly, per la cronaca, è la società che gestisce l’impianto di Varese, e che si era vista escludere dal bando per il rifacimento dell’impianto, nel giugno del 2017, salvo poi impugnare, farsi respingere l’impugnazione dal Tar e opporre un nuovo ricorso, tuttora pendente, al Consiglio di Stato. Poi c’è un altro ricorso, questa volta a Como, pure quello pendente, per una serie di presunti, mancati pagamenti da parte dell’amministrazione. E insomma: non è così detto che sia davvero finita.

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