Usura ed estorsione in stile mafioso. Le accuse a commerciante e figlio: «Minacciarono il loro fiscalista»

L’inchiesta La Dda di Milano ha chiuso l’indagine a carico di un noto commerciante di moda: «Ha portato via l’appartamento in zona stadio al suo fiscalista comasco, minacciandolo»

Memorie difensive, documentazione, spiegazioni non sono servite a convincere la Direzione distrettuale antimafia di Milano a cancellare le accuse di usura ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Vittima un noto fiscalista comasco, finito sotto minaccia e senza casa dopo che i suoi clienti lo avrebbero preso di mira. Ventilando contatti con la ’ndrangheta.

I finanzieri del nucleo di Polizia economico finanziaria di Como hanno notificato un avviso di chiusura indagini a Santino Cattaneo e al figlio, Marco Fabrizio Cattaneo. A firmarlo la Direzione distrettuale antimafia di Milano. L’atto arriva esattamente un anno dopo il provvedimento di sequestro, eseguito dalle fiamme gialle, di un attico da 750mila euro, un appartamento e due box in zona stadio a carico del figlio dell’ex titolare del negozio di Gerenzano.

Le accuse risalgono a un episodio avvenuto ormai una dozzina di anni fa, quando De Benedetto, dopo aver lasciato lo studio Pennestrì, si portò dietro alcuni clienti di quest’ultimo tra i quali proprio Santino Cattaneo.

Le minacce

Nel novembre 2010 - ha ricostruito la magistratura - il professionista comasco sarebbe stato costretto a firmare una dichiarazione di riconoscimento di un debito di 2 milioni e centomila euro a favore dei Cattaneo. «È meglio se firmi, se no ti può succedere qualcosa di grave» sarebbero state le parole utilizzate per convincere il ragioniere comasco. «Farai una brutta fine» gli avrebbero detto i Cattaneo, evocando (sempre stando all’accusa, respinta dalla difesa) i rapporti con Biagio Crisafulli detto “dentino”, condannato in passato anche per omicidio oltre che per associazione a delinquere e traffico di droga in concorso con affiliati della ’ndrangheta, e Domenico Brescia, lui pure ritenuto vicino ai medesimi ambienti, già direttore del reparto uomo nel negozio di Cattaneo ai tempi in cui ancora il negozio si trovava a Rovello Porro.

Quel debito, sempre stando alla ricostruzione degli investigatori, sarebbe legato ad asseriti indebiti compensi che De Benedetto si sarebbe auto liquidato nel tempo come amministratore delle società della famiglia Cattaneo. Di fatto il fiscalista comasco avrebbe dovuto cominciare a restituire quel denaro pagando 25mila euro al mese per 84 mesi.

L’usura camuffata con l’affitto

Come farlo? Con la cessione delle case in zona stadio di proprietà del ragioniere. Nel 2013 avrebbe ceduto l’attico in cui vive per una cifra di 750mila euro al figlio di Santino. Ma di quei soldi a lui sono arrivati solo 221mila euro. Il resto sarebbe stato trattenuto come un acconto per un maggior credito. A De Benedetto è stato concesso di restare a vivere nell’attico, ma con l’onere di ricomprarselo pagando tutti i 750mila euro entro il 31 luglio 2018. Cosa che non è riuscito a fare, e così dall’1 agosto di quell’anno ha dovuto cominciare a versare 10mila euro al mese di affitto. Secondo l’accusa quel denaro altro non è che interessi per il prestito, interessi (usurai) calcolati come vicini al 30%.

Da qui l’accusa (che gli indagati respingono) e l’avviso di chiusura indagini.

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