Vent’anni di carcere all’omicida di via Giussani

Rebbio Condannato Omar Querenzi: nell’agosto del 2022 accoltellò a morte il pensionato Giuseppe Mazza. Era anche accusato del tentato omicidio di un giovane

Venti anni di condanna per l’omicidio di Giuseppe Mazza, nato a Mantello in Valtellina ma con una vita trascorsa tra Rebbio e Breccia, delitto avvenuto in via Giussani mentre la vittima si trovava all’interno della propria auto. È questa la decisione del giudice di Como Massimo Mercaldo, al termine dell’udienza con rito abbreviato che si è tenuta ieri mattina alla presenza dell’imputato, Omar Querenzi, 33 anni di Albiolo, che era in aula. Una sentenza che è stata letta dopo le 13, al termine di una udienza che si è in pratica giocata soprattutto sulle diverse posizioni di periti e consulenti in merito alla capacità piena di intendere e di volere dell’imputato, sostenuta dal consulente del pm Simone Pizzotti e dal perito del giudice, mentre per la difesa (avvocati Pasquale Saggiomo e Denise Canu) Querenzi era solo parzialmente capace di intendere al momento del fatto.

La richiesta della Procura

L’imputato è stato chiamato a rispondere anche del tentato omicidio di un ragazzo di El Salvador, avvenuto poco prima dell’omicidio di Mazza, e delle lesioni ad un minore avvicinato fuori dall’ospedale Sant’Anna, all’inizio di un raid che risale all’11 agosto del 2022.

Anche il pubblico ministero, al termine della propria requisitoria, aveva invocato 20 anni di carcere. Mazza, quel giorno, era nella sua auto, ferma nel parcheggio accanto al cancello di ingresso della scuola media di via Giussani. Fu avvicinato da un ragazzo che – senza alcun motivo – aprì la portiera del veicolo colpendolo alla gola con un coccio di bottiglia. Aggressione che in precedenza lo stesso soggetto, ripreso dalle telecamere, aveva tentato di fare tra via Giussani e via Paoli ai danni di un ragazzo centroamericano che sono per questione di millimetri si salvò.

Querenzi aveva però iniziato il proprio folle raid ben prima, ovvero intorno alle 9.30 della mattina quando, dopo essere stato dimesso dall’ospedale, aveva iniziato a colpire un ragazzino fermo alla fermata dell’autobus in compagnia di uno zio, minacciando poi anche una famiglia che stava mangiando dal McDonald’s di Montano Lucino. Di Querenzi, dopo quei primi due episodi, si erano perse le tracce fino alla sua nuova apparizione tra via Pasquale Paoli e via Giussani a cavallo di mezzogiorno.

La difesa aveva chiesto al giudice il rito Abbreviato subordinato ad una nuova perizia psichiatrica, dopo che già nel corso delle indagini il consulente del pm si era espresso sulla capacità di intendere e di volere, seppur in presenza di disturbi di personalità. Il perito del gup, invece, aveva confermato la capacità di intendere e di volere, riconducendo il tutto ad un solo aspetto antisociale senza dunque altri disturbi. Per il consulente della difesa, invece, Querenzi era solo parzialmente capace di intendere e di volere in quella giornata di agosto, proprio in seguito a disturbi di personalità che in determinate condizioni (come l’assunzione di stupefacenti) potevano portare ad una sorta di “tilt” che secondo la difesa aveva scatenato la furia omicida.

Verso il ricorso in appello?

Il giudice, al termine dell’udienza di ieri mattina, ha però sposato la tesi della piena capacità, arrivando alla condanna a 20 anni con lo sconto di un terzo del rito. «Prendiamo atto della decisione – hanno commentato i legali Denise Canu e Pasquale Saggiomo – Leggeremo ora le motivazioni e ci riserveremo il ricorso in Appello. Vogliamo capire il perché dell’adesione del giudice alla piena capacità di intendere e di volere del nostro assistito». Anche in un eventuale Appello, insomma, il processo ruoterà attorno a questo punto.

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