Violentata nella cabina, nessuno la aiutò. Dieci anni di condanna allo stupratore

La sentenza Accolte le richieste dell’accusa. L’aggressore abusò di lei a due passi dal tribunale una sera di agosto. Tanti videro ma non intervennero

Quindici anni come pena, con un terzo tolto solo in seguito alla scelta del rito abbreviato. È stato condannato a 10 anni, accogliendo in pieno le richieste del pubblico ministero Antonio Nalesso, l’uomo di 42 anni arrestato nella notte tra il 6 e il 7 agosto del 2022 per una brutale violenza sessuale avvenuta in una cabina del telefono posta in via Auguadri, accanto al Tribunale. La vittima, una donna bulgara che oggi ha 59 anni, era stata anche picchiata – oltre che stuprata – con lesioni e lacerazioni nelle parti intime riportando anche una frattura ad un braccio. La prognosi dell’ospedale era stata di 30 giorni.

Per questa brutale aggressione culminata con una violenza sessuale, i carabinieri di Como avevano arrestato poco dopo in viale Varese, con ancora gli abiti intrisi del sangue della vittima, un pakistano di 42 anni, Ghulam Shabbir Imran, senza fissa dimora e da allora detenuto in carcere. Ieri mattina, assistito dall’avvocato Corrado Leoni, l’uomo è tornato in Tribunale per essere processato con il rito abbreviato davanti al giudice Walter Lietti.

Un primo risarcimento

Al termine della camera di consiglio, il giudice ha deciso di sposare interamente quella che era stata la richiesta della accusa condannando l’indagato alla pena di 10 anni. La parte civile era costituita in aula e il giudice le ha riconosciuto una provvisionale da 50 mila euro, in attesa che il risarcimento venga meglio definito in sede civile.

La ricostruzione

È stato questo l’epilogo di una storia brutta, non solo per quanto avvenuto ma anche per il contorno di questa vicenda. Lo stupro era avvenuto in estate, di sera, ed era stato ripreso dalle telecamere del Tribunale cittadino che avevano immortalato tutta l’aggressione. Ma ad essere ripresi erano stati anche cittadini che a decine erano sfilati davanti al punto in cui era in corso la violenza senza che nessuno prendesse in mano in telefono per chiedere l’intervento delle forze dell’ordine. A farlo erano state solo due ragazze straniere, cameriere in un locale del centro, che terminato il turno di lavoro, nel passare dall’altra parte della strada rispetto a dove si trovano le cabine, avevano visto quanto stava avvenendo era erano corse in un vicino chiosco per implorare di chiamare i soccorsi.

All’arrivo dei carabinieri, la vittima – una donna bulgara che aveva trascorso la serata, prima di essere violentata, proprio con il pakistano bevendo birra (accanto al punto dello stupro ne erano state trovate molte) era seduta a terra, in mezzo ad una grande pozza di sangue. Il violentatore era invece stato trovato in viale Varese, ancora sporco di liquido ematico. Il pm Antonio Nalesso in questi mesi ha portato avanti il fascicolo, ricostruendo i fatti, ascoltando di nuovo la vittima in un apposito incidente probatorio, ed infine formulando il capo di imputazione con le accuse di violenza sessuale aggravata dall’aver fatto prima consumare un ingente quantitativo di alcol alla vittima, e di lesioni personali. La donna bulgara era stata spogliata dei vestiti che erano stati strappati, poi picchiata, presa a calci nel ventre e presa per i capelli, finendo con l’essere sbattuta dentro due diverse cabine del telefono e violentata.

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