
Cronaca / Como città
Mercoledì 14 Maggio 2025
«L’omicida abusava di alcol e sostanze». E così solo 14 anni per la morte di Yuri
Delitto Le motivazioni della sentenza per l’assassinio del giovane cameriere comasco, a Milano - Ucciso «con inaudita violenza e senza motivo plausibile». Ma a Cubaa Bilel il minimo della pena
Sull’omicidio del cameriere comasco di 23 anni Yuri Urizio, per usare le parole dei giudici, c’è «una sola ricostruzione possibile»: quella notte l’imputato «aggredì con inaudita violenza e senza un motivo plausibile un perfetto sconosciuto», senza che la vittima «potesse difendersi, colpita al volto più volte» prima di una «stretta al collo» prolungata che ne causò lesioni che portarono al decesso «per asfissia meccanica».
Le calunnie
È una esecuzione barbara, spietata, quella che i giudici della Corte d’Assise di Milano hanno descritto nelle motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna per omicidio di Cubaa Bilel, tunisino di 30 anni che tuttavia, lasciando tutti interdetti, rimediò appena 14 anni di carcere, ovvero la pena che si ricava partendo dal minimo edittale meno lo scontro di un terzo successivo alla scelta del tiro abbreviato.
È difficile capire come si possa essere arrivati a questa decisione, anche leggendo le motivazioni. Perché le parole usate sono pesantissime, raccontano la spietatezza dell’azione del tunisino confermandone la «piena capacità di intendere e di volere», l’assenza delle attenuanti generiche, la «totale assenza di resipiscenza» per quanto commesso, sottolineando come anche le dichiarazioni furono «vicine alla calunnia» nell’ambito di versioni più volte cambiate a seconda di quanto via via emergeva dalle indagini, come quando l’imputato riferì di essere solo intervenuto a difesa di una giovane ucraina che Yuri stava importunando. Bugia mai provata, perché la stessa giovane – che gli agenti di polizia avevano poi individuato – aveva al contrario affermato di non essere mai stata minacciata dal cameriere comasco.
Eppure, nonostante tutto questo, nell’ambito del fascicolo dell’omicidio avvenuto in Darsena a Milano tra il 13 settembre (data del fatto) e il 15 settembre del 2023 (quando dall’ospedale arrivò la notizia della morte di Yuri), i giudici hanno scelto di dare comunque al tunisino il minimo della pena per l’omicidio liquidando la questione in poche parole: «Le considerazioni sull’aspetto disfunzionale ed esistenziale che in passato hanno favorito l’uso e l’abuso di alcol e di sostanze (da parte dell’imputato, ndr) valgono a far ritenere adeguata la pena minima edittale per il delitto di omicidio». Tra l’altro, come del resto facevano notare gli stessi giudici in precedenza, per questo lungo periodo «il motivo dell’aggressione per volontà dell’imputato è rimasto del tutto oscuro». «Va escluso il motivo della difesa della donna – come sottolineato in precedenza – che non è mai stata in pericolo, e va esclusa anche la natura economica». Un delitto senza alcun motivo, insomma, spietato, nel pieno della notte in Darsena a Milano.
«Aggressione violentissima»
L’aggressione – avevano poi testimoniato le telecamere che avevano ripreso la scena – era iniziata alle 3 e 52 minuti e 17 secondi della notte, continuata fino alle 3, 58 minuti e 56 secondi quando la polizia intervenne separando il tunisino dal cameriere comasco. Yuri era già privo si segni di reazione da almeno un paio di minuti. Bilel, era stato notato da un cameriere aggirarsi «fuori di sé» almeno un’ora prima dell’aggressione mortale. Tra le tante bugie riferite, aveva pure detto si non aver mai visto Yuri, mentre le immagini avevano dimostrato che già in precedenza il comasco gli aveva offerto una sigaretta. Il comasco, era emerso dall’autopsia, non era in condizioni di alterazione psicofisica, mentre sul suo corpo vennero rinvenuti segni di una «aggressione violentissima».
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