Da Menaggio alla Palestina: «Aiutiamo i bambini della striscia di Gaza, muoiono nel silenzio»

L’iniziativa Davide Capone, dell’associazione comasca “In Viaggio”, è da poco tornato dalla Palestina: «Qui si soffre. Non dimentichiamoli»

Due bambini che raccolgono pezzi di vita tra le macerie, la tristezza si respira ovunque. Le immagini del post bombardamento di Rafah scorrono come fosse un film, ma in Palestina la guerra è più reale che mai. Mai ufficialmente dichiarata e mai ufficialmente conclusa, è la condizione permanente di chi cerca di sopravvivere. Oltre 2 milioni di persone ammassate nella striscia di Gaza, un formicaio di esistenze dove i diritti alla libertà, all’istruzione, al movimento sono negati, violati e calpestati ogni giorno, sono senza voce. La guerra in Ucraina si è presa tutto: gli aiuti, le risorse, ma soprattutto l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni. La Palestina oggi è più sola di prima. E la situazione anche dei bambini è drammatica.

Le parole del volontario sulla Palestina

«Abbiamo il dovere di essere la voce di queste persone», dice Davide Capone, volontario di “In Viaggio”, associazione con sede a Menaggio che si occupa di solidarietà e cooperazione internazionale. È tornato a inizio giugno da un’operazione  di dieci giorni tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania e per la prima volta è riuscito a entrare a Gaza con la realtà “Giovanni XXIII” per il progetto “Colomba”.

«La Striscia di Gaza è la più grande prigione a cielo aperto del mondo - racconta - Vi ho visto una profonda povertà. Uomini e donne girano con carretti di legno. L’isolamento è forzato. La gente vive in un disagio continuo, in uno stato di tensione che non se ne va mai. E ogni sera scatta il blackout per tutte le abitazioni, gettando ancor più la popolazione in uno sconforto che pesa quanto il buio della notte in tempo di guerra».

La situazione nella striscia di Gaza

A rimanere impresso nella memoria  del volontario è stato in particolare un suono che in quei giorni gli è purtroppo diventato familiare: «Sopra la casa dove abbiamo dormito, tutte le notti si avvertivano in continuazione i passaggi di un drone. È come vivere in un’allerta perenne. È un vero incubo».

Le conseguenze di questa condizione sono terribili. «Il malessere psicologico è sempre più diffuso anche tra i minori. Ci sono tanti episodi di depressione, insonnia cronica, perdita di capelli. Qui anche i diritti basilari dell’uomo sono violati ogni giorno. Si vive nell’incertezza e manca completamente la fiducia nel domani. Anche noi cooperanti siamo visti dal Governo di Israele come presenze sgradite, occhi che possono raccontare al mondo cosa succede in Palestina e spesso si è minacciati, come è accaduto a una nostra operatrice che ha denunciato alcune situazioni alle autorità. È un dovere continuare a raccontare il dramma della Palestina, in particolare adesso quando tutto il mondo guarda all’Ucraina e sembra essersi dimenticato di questa guerra».

Le raccolte fondi per sostenere i volontari

“In Viaggio” sta portando avanti delle raccolte fondi per sostenere alcuni dei progetti dell’associazione “Giovanni XXIII” proprio nella Striscia di Gaza e Davide Capone è stato sul posto per verificare come procedono le attività. «I progetti potrebbero essere già operativi - continua - ma c’è stato un calo drastico dei finanziamenti che sono dirottati su altri scenari di guerra, parlo ovviamente di quello che sta accadendo in Ucraina. L’operazione “Colomba” sta portando avanti la realizzazione a Mosader di un kindergarten, una scuola del villaggio per i bambini poveri; mentre a Carara, cittadina a sud di Gaza, si sostengono le attività della Human Devolpement Association che promuove progetti di sviluppo sociale riguardo ad esempio la potabilizzazione dell’acqua e l’emancipazione femminile». Non solo aiuto economico per la Palestina quindi, ma serve tenere alta l’attenzione su quell’area di pianeta dove la parola pace sembra un miraggio. «Sabato 17 giugno a Ossuccio la nostra associazione organizza “Hummusiamo insieme”, una cena etnica palestinese che si terrà al parco comunale per l’11edizione. Il ricavato sarà devoluto proprio a queste operazioni che sosteniamo in Palestina e ci sarà occasione per parlare di questa terra, di quello che sta affrontando, delle necessità di una popolazione che ha il diritto di vivere in libertà».

Capone lancia un appello: «L’altro giorno l’esercito israeliano ha sparato un colpo in testa a un bambino. Il colpo è stato esploso dai militari. Nessuno ha denunciato l’accaduto ed è profondamente ingiusto, se fosse accaduto in un altro luogo la risonanza e le conseguenze sarebbero state sicuramente diverse. Rivolgendosi alla Palestina sembra invece che ci si sia abituati alla guerra, al dolore e alle morti. Ma non può e non deve essere così. Noi continueremo a denunciare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA